martedì 24 agosto 2010

Un disco volante sopra Niteroi

La baia di Guanabara in questo mattino di nebbia mi fa pensare di essere nel nord, in Europa, e forse per questo mi sento per un attimo meno lontano da casa, nel senso di meno “straniero”. Non si scorge Niteroi sulla sponda opposta, non si vede la sagoma delle montagne di Rio. L’acqua è calma come se fossimo in un lago di montagna, l’aria è fresca, tutto è silenzioso, perfino il traghetto è semivuoto, solo qualche gabbiano in volo.



Sbarcati a Niteroi la nebbia di dirada e lascia passare il sole, con Luìs visitiamo il museo di arte contemporanea, un vero e proprio disco volante sopra un promontorio con vista sulla spiaggia della città. Poco oltre c’è un’alta isola rocciosa, in cima ha due piccole case coloniali: mi ricorda moltissimo Tropea! Un bicchiere di acqua di cocco, e scendiamo verso le spiagge e verso il centro. Niteroi è proprio cosa diversa da quello schifo indescrivibile di cantieri e industrie che vede chi si dirige al ponte per Rio de Janeiro provenendo da Sao Gonçalo: il centro è come Ipanema o Copacabana, fatto di una enorme spiaggia lievemente curva ed enormi palazzi; essendo giorno festivo c’è una folla di gente che passeggia, fa esercizi, gioca a ogni sport praticabile sulla sabbia, qualcuno fa il bagno. Un cartello indica le “spiagge oceaniche”. Esiste anche una città coloniale, fatta di splendide abitazioni basse e colorate; Luìs mi parla quindi del quartiere coloniale di Quito in Ecuador. Di fronte, dalla nebbia di Rio spunta appena la cima del Pan di Zucchero e più oltre la cima del Corcovado, più eterei che mai.


Io vorrei andare a Macaé, a trovare le ragazze, ma è mezzogiorno, contattarsi è difficile, e il Terminal Rodoviario di Rio de Janeiro è lontano dalla stazione marittima; al terminal arrivo dopo una buona mezz’ora lungo una splendida Rua Venezuela fatta di vecchie case coloniali trasandate, una moltitudine di attività, e appena dietro i tetti le case rosso mattone delle favelas sopra i piccoli morros di questa zona. Il terminal Rodoviario è immenso: pare un aeroporto! Decine di compagnie di trasporti, fino a 70 banchine, partenze ogni minuto, schermi con le destinazioni locali e quelle nazionali (Sao Paulo, Belo Horizonte, Curitiba!!!). Gente con pacchi enormi, viaggiatori, turisti zaino in spalla, mendicanti, lavoratori, famiglie. Appena fuori il paesaggio è desolante: capannoni giganteschi abbandonati, appartengono allo scalo merci in disuso, qualche vagone merci spunta tra le piante; alle pensiline dei pullman urbani ai passeggeri si mescolano mendicanti di ogni sorta, altri sono accampati tra una panchina e l’altra e dormono sotto una spessa coperta. Mi si avvicina un ragazzo giovane, gli manca un occhio, non oso pensare a come debba essergli successo. Andare a Macaé ormai è tardi, starei neanche 3 ore e tornerei in questo posto a mezzanotte, meglio di no…


Con grande sorpresa incontro Rodson, un ragazzo che era a Macaé al corso, in mezzo a questa moltitudine: organizzeremo nei prossimi giorni!

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