martedì 17 agosto 2010

A Palermo certe cose non succedono

Palermo! Al pari di altre città come ad esempio Genova o Barcellona o Tunisi, ecco la città mediterranea espressione di una società e civiltà che vive pubblicamente.



Le strade scure e cupe di basalto lastricate e levigate da infiniti passi sono dei canyon profondi tra le case decrepite e i monumenti dalle crepe riempite da ciuffi d’erba; i raggi del sole si fanno strada tra foreste di panni stesi ad asciugare alla luce abbagliante amplificata dal bianco della roccia degli edifici, mentre nella ricerca della frescura una ragazza sbircia la strada seduta dietro ad un portone. La sorveglia una delle tante edicole votive che arricchiscono le pareti di ogni isolato: cristi sofferenti, sante adoranti, martiri trionfanti, nella macabra rappresentazione degli innumerevoli “morti ammazzati” della Chiesa; la loro benedizione accompagna numerosi defunti le cui foto tappezzano l’interno delle edicole. Le chiese: non si capisce mai se siano vive o dimenticati monumenti, tante sono in questa città, bellissime, barocche, decrepite, anche vegetate, talvolta illuminate dalle migliaia di lampadine colorate delle luminarie.



Certe vie pare appartengano a due continenti diversi nel giorno e nella notte, prendere Ballarò che al mattino è un concitato mercato mediterraneo mentre di notte si trasforma in una città dell’Africa nera: di giorno bancarelle di carabattole, pesce e carne, interiora appese in bella mostra, passeggio e struscio, di sera una fila di piccole attività esotiche di vendita di film e musica africani, parrucchieri, empori, ma soprattutto sedie piene di africani che si raccontano la giornata bevendo tè e giocando, passeggio di donne col velo e uomini in caftani, musiche sub-sahariane; Tunisi e Port Gentil, Genova e Brazzaville.

Il bello è sentirli parlare, questi stranieri: la lingua più comune è proprio l’italiano, l’italiano incerto degli immigrati, quello perfetto dei figli nati a Palermo, l’italiano delle famiglie miste (sentita una famiglia con marito africano e moglie asiatica e figlio italiano), nonché anche italianissime espressioni facciali e gesti di accompagnamento.


Ci concediamo un gelato con brioche, il gelato più buono di sempre. La cattedrale, splendore di architettura mista nei secoli, è anche un chiaro esempio di come si possano rubare i soldi ai visitatori: la tomba di Federico II di Svevia (fantastico seguire le orme dei grandi personaggi studiati solo sui libri decenni fa!), nella navata, vergognosamente coperta alla bell’è meglio con dei raffazzonati separé pur di impedirne lo sguardo ai visitatori non paganti, 3 euro per vedere cosa poi? un sarcofago a forma di botte… (visto sbirciando da sotto i separé della vergogna). Altra visita, ci trasciniamo a visitare il castello della Zisa, un piccolo edificio antico sple

ndore normanno misto ad architettura araba, vergognoso anche qui il biglietto a 6 euro per visitare un rudere più bello fuori che dentro.



La sera, per il compleanno di Simone che ha scelto questa città per la sua festa, è dedicata la passeggio nella zona serale di Palermo, presso la piazza dello splendido teatro.



Siamo alloggiati un decrepito palazzo del 1700, la cui bellezza si svela solo a chi entra nel cortile: trasandato ed elegante, come quasi tutti gli edifici di questa città, non nasconde il contrasto tra lo spazio e la riservatezza delle classi agiate che lo abitavano e la congestione di stanzette e attività di chi lo vive oggigiorno. Alla reception conversiamo e la signora si informa sul nostro percorso e la nostra destinazione, “Ah, Catania! Bella, ma pericolosa, più di Palermo: certo, anche qui ci possono essere borseggi, scippi, rapine…, ma agguati mortali no, queste cose, a Palermo, non succedono!”.


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