lunedì 23 agosto 2010

Ci vuole coraggio a scendere dal Pan di Zucchero

Un gigantesco cono di cemento tutto traforato, con il tetto bucato a croce e quattro immense vetrate che tagliano in verticale il cono: la cattedrale di Rio de Janeiro, chiaramente edificata negli anni ’70. La cattedrale sta appena dietro il capolinea del bonde per Santa Tereza, un ferrovecchio che corre su binari giocattolo che in questa stazione sembra di vedere i lavori del sito di Carl Arendt. C’è coda, il tram è uno solo, si va a rilento, lascio perdere, ci tornerò quando avrò più tempo. Piuttosto mi piace passeggiare per il Centro in questo giorno non lavorativo: deserto! Non ci sono più i venditori e i lavoratori dei grattacieli, sembra quasi che sia più fresco adesso, in fondo a questi canyon urbani.


Ipanema, finalmente in una bella giornata: splendida la vista del tardo pomeriggio sulla Pedra da Gavea a strapiombo sul mare. Nonostante sia inverno avanzato la spiaggia è bella piena, e c’è tanta gente che fa il bagno (non ho provato, ma non sarà certo più fredda di quella in Camargue…), e anche tanti venditori non solo di souvenir, ma soprattutto di cibo vario. La cosa che mi stupisce di più è vedere quante persone sole siano in spiaggia, tutta gente che fa regolarmente il bagno, lasciando la propria roba incustodita, evidentemente o si fidano dei vicini o ci sono pochi scippi. E’ giorno festivo, il lungomare è affollato di gente che fa sport (corsa, bici, pattini, skate) e di gente che passeggia con amici, parenti, partner, cani. Mi riposo un po’ sulla spiaggia.


Che bella idea sarebbe vedere la città al tramonto dal Pan di Zucchero! Come me lo devono aver pensato in molti: c’è la coda. Nell’attesa vediamo con preoccupazione che un sottile strato di nubi sta coprendo proprio adesso la cima, ma poco importa, qualcosa si vedrà! Tirata dal vento dell’Oceano, si è piantata proprio lì, sembra che non riesca ad andare via trattenuta da questo dente di roccia, unico ostacolo in tutta la Baia de Guanabara. Guardo la città: in fronte c’è Botafogo, poi Flamengo, a sinistra la curva perfetta di Copacabana, a destra i grattacieli del Centro, in basso il buio totale del mare, in alto le favelas aggrappate ai morros, ancora più in alto le nuvole che tagliano i monti di Tijuca, e sopra, supremo, naturalmente, il Cristo Redentore. E’ sempre difficile abbandonare simili visioni, sembra sempre che per quanto a lungo si fissino non sia mai sufficiente a imprimerlo per sempre nella memoria, come si fa a riuscire a girarsi e prendere la via della discesa?



Guardo la Cidade Maravilhosa: un giorno tutto questo sarà casa mia.

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