martedì 18 maggio 2010

Rio de Janeiro

Macaé, Rio das Ostras, Itaboraì, Niteròi: andiamo a Rio de Janeiro per le pratiche di visto con la polizia federale; attraversiamo nuovamente le montagne dell’est dello stato di Rio de Janeiro, stavolta seguendo una strada diversa che passa quasi tutta tra le montagne lasciando le grandi lagune, lungo il percorso della dismessa ferrovia. Il paesaggio è rotondo e verde, coperto di pascoli e di resti della mata atlàntica, la grande foresta atlantica che copriva questi immensi territori ora ridotta a oasi isolate o alle sommità delle montagne, e a guardarla mi fa venire in mente l’immensa dirimpettaia foresta del Gabon. L’autista ci lascia perplessi all’inizio, impauriti in seguito, con sorpassi azzardati a velocità incontrollate lungo statali larghe ma piene di camion e curve.

Man mano che ci avviciniamo a Rio cresce la paura: la ditta di solito usa alloggiare il personale sì nelle grandi città, ma nelle periferie più lontane… Stavolta temiamo di essere piantati a Niteròi, cittadaccia industriale separata da Rio dalla strettoia della Baia de Guanabara, con certezza di salassi in taxi per viaggi interminabili. Ma superiamo Niteròi, imbocchiamo il ponte e iniziamo a guardare la silhouette della Cidade Maravilhosa, e le successive deviazioni per la periferia ci sfilano a fianco. Ben presto ci rendiamo conto di fissare Rio illuminata come se fossimo dei bambini! A bocca aperta troviamo il Cristo Redentore sul Corcovado buio, indoviniamo i quartieri, guardiamo il brillare dei palazzi del Centro. Ci avviciniamo alla città, i nomi sui cartelli stradali generano sussulti ad ogni deviazione, perché ci rendiamo conto che con una fortuna immensa ci stanno portando dritti in centro: Centro, Tijuca, Copacabana, Botafogo…. e a Lapa, sottopassando il ponte bianco del tram fatto di archi come l’antico acquedotto di Roma, arriviamo all’hotel.

Rio!!!!! Siamo nel cuore di Rio!!! Usciamo per mangiare, in giro per Lapa, affollato e animato quartiere costellato di locali: ristoranti (tutti locali, non come a Bùzios), bar, locali di musica dal vivo, venditori ambulanti, prostitute, tutti danno vita questo quartiere che le case rivelano aver avuto un passato estremamente elegante, case stile liberty ormai scrostate e buie, buone per far germinare piante sui cornicioni o sulle tegole. Grande il viavai per le strade, bici, moto, carretti, macchine, pullman; che impressione leggere i capolinea e i percorsi sui pullman! Leblon, via Maracanà, Santa Teresa, Ipanema; Tijuca, via Botafogo, Flamengo….. Appena oltre la piazza svettano i palazzi del centro finanziario, alle spalle invece sorgono le case eleganti appese alla collina verso Santa Teresa, ed è proprio lì che ci inerpichiamo lungo una stradina acciottolata ripida e bordata di case che in Venezuela avrei definito tipicamente caraibiche: basse, piccole, infissi elaborati, cornicioni ornati, doppia colorazione, talvolta case talvolta botteghe, come quella del sarto che alle 9 di sera ancora cuce a macchina sepolto da tessuti di ogni colore. Una scalinata buia porta alla spalla del ponte, i binari si aprono in un’altra via acciottolata che attraversa elegantissime villette stile liberty dall’aria decisamente trascurata, tra quelle che sono completamente buie e quelle che sono assalite dalla vegetazione.

Sulla strada per l’albergo, ormai solo, mi fermo in un locale: stanno suonando del samba! I musicisti hanno iniziato da dopo cena, e dicono che continueranno fino alle 3 di notte, per il piacere dei clienti e anche dei molti passanti che si soffermano qualche minuto ad ascoltare questa musica assolutamente travolgente e irresistibile. Nel piccolo locale una rumorosa tavolata di signore quarantenni festeggia un compleanno, i clienti maschi fanno a turno ad invitare le signore a ballare, quando queste non sono già occupare a ballare freneticamente da sole i passettini del samba.

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