martedì 11 maggio 2010

Rio de Janeiro - Macaé


Rio de Janeiro! Percorro la Cidade Maravilhosa in una mattina d’autunno con cielo coperto e pioggia battente. La gigantesca Baìa de Guanabara argentata è imperlata di cime e panettoni granitici, scarsamente visibili tra le nuvole basse sfilacciate dal vento, anche il Pão de Açucar non si lascia vedere così come il Cristo Redentor sopra il Corcovado, se non altro il Cristo Redentor appare in migliaia di copie in gesso o cemento alle bancarelle lungo le strade. Sfilo verso Niteroi leggendo via via i nomi leggendari di Ipanema, Tijuca, Urca, Leblon, Flamengo, Copacabana, da un lato la silhouette del centro incorniciata dai panettoni mozzati, dall’altro le squallide periferie delle favelas fatte di casette tenute incomplete lungo strade ridotte a fiumi e sopra colline rosse in perenne erosione.

Lungo la strada verso est per Macaé la Cidade Maravilhosa non vuole finire, nemmeno quando la sua bellezza è già scomparsa da un pezzo tra orride periferie. Araruama, Iguaba, Itaboraì: nomi indios di fiumi e lagune e villaggi e colline fanno da sfondo a una serie infinita di case di architettura coloniale, alpina, tropicale, mediterranea. Sempre più radi villaggi sorti su colline di terra rosso sangue che si sbriciolano ad ogni acquazzone lasciano spazio al paesaggio dello stato di Rio de Janeiro: una infinità di colline e dolci e morbide montagnole, pascoli con greggi mai visti così liberi, lussureggianti foreste tropicali in cima, viali di palme che portano alle antiche fazendas, chiese barocche, sullo sfondo qualche panettone della Serra dos Orgãos. La statale (RJ-124) attraversa questo dolce paesaggio assecondando le colline, sorprende, come nota Guillaume, l’assenza di castelli o fortificazioni o qualsiasi costruzione in cima alle colline, “si vede che qui non è esistito il medio evo!”. Pioviggina, la gente passeggia (a piedi, in bici, in moto, a cavallo) in ciabatte e calzoncini e talvolta una camicia, completamente noncurante anche sotto il diluvio.

Arrivati a Macaé è sorprendente notare una certa somiglianza con il paesaggio del sud della Francia. Costeggiata la vecchia ferrovia e la Lagoa da Imboassìca, eccomi finalmente all’hotel, sul tòmbolo tra l’Oceano e la laguna.

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