martedì 21 settembre 2010

Willian

Nessuno sembra in grado di scrivere correttamente il mio nome: in Brasile io sono, anzi, divento, WilliaN, con la enne anziché con la emme com sarebbe più che normale. Ma che nome è Willian!?? Eppure proprio qui in piattaforma per qualche giorno c’è stato un brasiliano che si si chiamava proprio Willian. Anche il congnome non è al riparo da storpiature: Lucareli. Del resto su un muro di Sao Gonçalo (orrenda città opposta a Rio de Janeiro sulla baia de Guanabara) il primissimo giorno in Brasile ho visto proprio una pubblicità dipinta col nome Lucareli con una elle. E dire che ogni volta io mi premuro apposta di scrivere personalmente in lettere cubitali o di digitare il mio nome per intero, proprio per evitare errori. Niente.


I brasiliani hanno una capacità incontenibile di storpiare ogni nome. A volte succede perché i nomi vengono capiti e trascritti con la pronuncia brasiliana, oppure per una strana incapacità di copiare il nome da un documento all’altro, a volte invece pare proprio che lo facciano di proposito. Sarebbe come se in Italia avessimo Maicol, Rascid, Fransuà, Iosif, Chirtiragi, Laisa, o anche Ballantain, Dubuà, Caspirgicoschi, Fiscer…


Comprensibile o no, questo fa sì che in Brasile ci sia una varietà pressoché infinita di nomi e cognomi. Basta pensare a tutte le nazionalità immigrate in Brasile, ovvero al contributo di tutti i nomi e congnomi del mondo, a cui bisogna aggiungere i nomi indios, e aggiungere le svariate variazioni che può subire uno stesso nome di origine, senza contare che cognomi stranieri possono diventare nomi stessi. E i risultati a volte possono essere nomi bellissimi ormai lontani dalla radice originaria: Déidimar, Neìlton, Jaìr, Vànderlei, Iraìma. Per esempio le mie due compagne di lavoro, una brasiliana e una argentina, si chiamano una Gusmao, l’altra Gusmàn: evidentissima la derivazione dal tedesco! Sicuramente avranno avuto uno dei tanti avi tedeschi di nome Guzmann, (ma ho sentito anche la storia secondo cui Gutmann era il nomignolo dato ai migranti tedeschi), poi in Argentina la pronuncia spagnola lo ha mutato in Guzman, Gusman, Guzmàn, Gusmàn, in Brasile il portoghese lo ha reso Guzmao o Gusmao. Il company man si chiama di cognome Mesadri, chiarissima derivazione italiana da Mezzadri (e infatti la sua famiglia era italiana).


Del resto è un paese in cui chiunque racconta di avere un genitore o un nonno o un bisnonno portoghese, spagnolo, italiano, tedesco, ucraino, arabo, africano o giapponese; tanti sono i brasiliani con tutti i nonni immigrati, come il compare André che ha nonni da Italia, Spagna, Portogallo, Africa. Una cosa che accomuna tutti loro però è il fatto di sentirsi assolutamente brasiliani: io ho genitori stranieri ma sono nato in Brasile, quindi sono brasiliano, punto. In un periodo di tentativo di ritorno a una certa purezza della razza, la “purezza” del brasile sta nella sua infinita combinazione di razze e nazionalità, in cui nessuna sente il bisogno di prevalere sulle altre e ugualmente nessuna si reputa inferiore.


Che io sia di passaggio o che mi trasferisca qui per un po’, forse mi devo comunque rassegnare a diventare Loucas Willian Lucareli.

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