lunedì 27 settembre 2010

Abitante di Rio de Janeiro

Finalmente libero, mi godo Rio de Janeiro da una prospettiva invidiabile: l’abitante, e non il turista! A casa di Gabi in questo fine settimana di cattivo tempo ci viviamo delle giornate assolutamente normali, senza il bisogno di andare a visitare musei, di vedere luoghi da cartolina, di fare megafeste. Ovvero, come se vivessi a tutti gli effetti qui.


A Rio c’è il festival del cinema, dura due settimane, nelle sale sparse per la città c’è una fitta programmazione di film con una bella fetta di film sud americani, e non manca qualche titolo italiano. Con Gabi e una sua amica di sabato andiamo a vedere un film argentino, anzi no, uno messicano perché quello argentino era esaurito. Di domenica la scelta era sul film di Gainsbourg, purtroppo la pellicola non è ancora giunta in città e quindi niente. Mi raccontano che il festival di Rio è diventato di moda, motivo per cui è pieno di gente anche di cui non gliene importa nulla dei film in sé; tutti si accalcano nelle grosse sale in attesa di entrare, mangiando e bevendo oppure leggendo un libro, perché anche qui c’è quella bella cosa che sono le librerie-caffetterie, con la differenza che qui abbondano la letteratura sudamericana e le foto in bianco e nero di Rio de Janeiro, fantastiche!!


Una passeggiata per Tijuca, abitandoci, non poteva mancare, cosa che senz’altro non avrei fatto se fossi stato un turista. Tijuca è un borgo lontano dal mare, perché all’epoca qui ci si sentiva al riparo da incursioni marittime; ogni tanto compare qualche vecchia foto o disegno del quartiere, con le classiche grandi chiese isolate tra i campi e ora sepolte tra i grattacieli. Basta allontanarsi dalla rua Conde de Bomfim per girare tra zona residenziali che conservano qualche bella vecchia villa in stile liberty, quel tipo di casetta di cui l’intera Rio de Janeiro, Copacabana inclusa, era composta prima delle scempiaggini degli anni ’60. Appena dietro ai palazzoni partono le pareti ripide delle montagne, ongi tanto appare un collegio con parco privato, oppure una piazzetta dove si può andare a cavallo.


La fiera permanente del Nordeste è uno spettacolo imperdibile. Nella zona nord, a pochi passi dal parco e dal bel palazzo in stile europeo del secondo imperatore del Brasile Dom Pedro II, sorge la fiera dedicata all’artigianato, alla cucina, alle tradizioni del Nordeste del Brasile, quegli stati della punta che sono terra mitica che tutti qui sognano di girare almeno una volta, per le spiagge da cartolina e la bellezza della vita, seppur sia una regione povera. E’ una serie di bancarelle con formaggi, dolci, sculture, libri, vestiti, souvenir, pasticcerie, spettacoli di danza, concerti, intagliatori, amache, finimenti per cavalli, ristoranti. La fiera dura tutto l’anno, il finesettimana si riempie di gente. Credo che molta gente che si aggira qui abiti nelle favelas, perché le favelas sono spesso i luoghi in cui va subito a cercare casa chi tenta la fortuna venendo a Rio proprio dal Nordeste.


Abitando a Tijuca, che è zona nord, in una valle incassata tra le montagne di Boavista, andare nella Zona Sul significa viaggiare uma mezz’ora abbondante attravesando tutta la città: il gigantesco sambodromo col viale dell’apoteose; il tunnel di Santa Barbara sotto Santa Teresa il cui ingresso nord si ficca dentro una favela molto scenografica che sembra un antico borgo italiano; la valle di Laranjeiras e poi Botafogo, ovvero passaggio da area residenziale a area di piacere coi i svariati negozi e supermercati e centri commerciali e cinema e birrerie e campetti sportivi e librerie e caffetterie. Spettacolare muoversi per questa città di mare letteralmente attravesando le montagne… Ogni tanto da una nuvola spunta il Cristo Redentore, in fondo alla via traversa appare il Pan di Zucchero, sopra i palazzi ecco le montagne avvolte dalle nuvole, ovunque vie alberate a palme o manghi o chissà quali altre piante tropicali.


Una birra (la prima dopo la piattaforma: una discreta Bohemia) nel punto più chiassoso di praça Maracanà, piazzetta piena di locali con deohor affollati. Perfeziono il mio “portuges pra caramba”, mentre Gabi e Waliska imparano le prime parole del loro “italiano della madonna”.


Con la famiglia di Gabi (mamma, papà e sorella) si va a pranzo a Copacabana, nel ristorante che vuole fare il verso al più famoso Garota de Ipanema, eccoci dunque a mangiare un bel piatto misto di riso, carni, batata doce, mais, e verduracce varie al Garota de Copacabana: i genitori partono per una vacanza a Manaus. Manaus! Città gigantesca sull’altrettanto gigantesco Rio delle Amazzoni, ancora una volta mi provoca un brivido sentire qui in sudamerica la quotidianità in una vacanza a… Manaus. Sul lungomare sfilano uomini sanwich e parate di campagna elettorale: domenica prossima si elegge il presidente successore di Lula, è un bombardamento di messaggi elettorali; proprio davanti al locale passeggia il principale assessore di Lula, il papà di Gabi non se lo fa scappare e si fa una foto.


La domenica piovosa è stata vissuta in casa, a guardare film, a cucinare: ovviamente tra cena e merenda faremo cose brasiliane e italiane. Cucina brasiliana: a merenda un dolce, chiamato brigadeiro, fatto con cacao, latte condensato, biscotti. Cucina italiana: a cena, anche per Maria la coinquilina di Gabi che è appena rientrata da juiz de Fora, un piatto di penne al gorgonzola (questa volta è venuto bene…). Antipasto: un vino bianco cileno, essendo in sudamerica andava fatto!

sabato 25 settembre 2010

Pezzi

I pezzi di una giornata che ha visto andare in frantumi il mio piano di trasferirmi in Brasile e ha messo a dura prova la mia resistenza.

Lavoro di notte. Sono 12 ore per l’ultimo turno notturno, colazione alle 6, fare gli zaini, fare l’ultima microlezione di portoghese con Vanessa (sempre doppi sensi mi fa fare…), salutare chi resta, ovvero Adriana, Rocìo (capelli lunghi nerissimi, occhi nerissimi, viso andino, colombiana che ha sostituito Graziela), salutare chi arriva, ovvero Elaine che era con me le prime due settimane e Luis con cui ho fatto “vacanza” al mio arrivo.

Prima tragica scoperta. Il mio account internet è bloccato. Non posso aprire la posta, quindi non riesco a copiare il numero della ragazza che mi ospita più tardi e il suo indirizzo, siccome il telefonino su cui avevo scritto tutto mi è stato rubato come tutti sanno.

Beffa alla tragica scoperta. I telefoni della piattaforma non funzionano. Non posso nemmeno chiamare alla base per dire che non posso accedere ai dati del volo per l’Italia.

Sfinimento. In elicottero non riesco a dormire come invece avevo fatto all’andata. Arrivati all’aeroporto di Jacarepaguà in Barra da Tijuca andiamo con Oscar a ritirare le valige nei rispettivi hotel in Centro, imbottigliati nel traffico tra le favelas.

Seconda tragica scoperta, la peggiore. Alla base ne approfitto per parlare della mia intenzione di abitare in Brasile, mi rispondono che ci sono troppi impedimenti che lo rendono infattibile: obbligo di passaggio al contratto brasiliano che è più svantaggioso economicamente e anche come rotazioni lavoro/pausa; necessità di un nuovo visto di residenza; ottenere la residenza in Brasile; lavorare solo più in Brasile e senza possibilità di fare esperienza anche in Argentina o Colombia o altro; accettare il contratto brasiliano come unico passaggio di contratto, perché mi assicurano che una volta fatto non potrò più tornare indietro al contratto internazionale, potrò solo più licenziarmi. Questo spiegato con grande freddezza e indifferenza, Il tutto mentre nella saletta a fianco un manager spiega alla sua collega (credo argentini) quanto sia bello e spettacolare il suo appartamento a Ipanema con terrazzo… E così, improvvisamente, trovo un esempio per dimostrare che Fantozzi è tutto vero.

Col mio progetto interamente svanito, lascio i bagagli alla base e me ne vado a farmi il mio bel giro per il bel Centro di Rio de Janeiro, ne approfitto per rivisitare la fantastica esposizione del Centro Cultural do Banco do Brasil, di cui adoro la parte dedicata alla spedizione attraverso il Brasile del 1821-1829 di Langsdorff.

Altra beffa. L’appuntamento con la ragazza è alle 7, contavo di lasciare i babagli in base con tranquillità per girare liberamente, siccome la ditta chiude alle 6. E invece no: oggi è venerdì e quindi chiude alle 5, all’idea di dover andare in giro per il Centro con due zaini e il trolley passo il tempo pensando a chi e come mi ruberanno gli zaini lasciandomi con solo più quello che ho addosso.

Ovviamente essendo ora di punta capiuta che la metropolitana sia strapiena, anche se senza fretta, aspetto un’ora per poter entrare con tutti i miei bagagli.


Alle 19h20 finalmente sono a casa di Gabi, che mi ospita qualche giorno. Sono a Tijuca, zona Nord, in un appartamento piccolo e arredato con semplicità ma accogliente. Per un attimo mi sembra di vedermi nel futuro o nel tempo della probabilità: in questa casa di Rio de Janeiro, seduto al divano, o in cucina, o affacciato alla finestra a guardare la via sotto, a preparare da mangiare, a non sentire la necessità di uscire 24 ore su 24, a fare le cose che faccio anche a casa. Enorme la differenza rispetto a quando stavo in hotel, e non ci sarebbe nemmeno bisogno di dirlo; triste dover pensare che queste bellissime sensazioni di godermi questa casa nuova come il giorno in cui fossi entrato nella mia casa sono solo una illusione; amara la sensazione di sentirmi “a casa” per qualche giorno assaporandomi per brevissimo tempo quello che non posso più permettermi di fare.

A parte questo, tutto bene.

venerdì 24 settembre 2010

Cerco casa

Tutti sanno che la mia idea è di fermarmi un po’ in Brasile per circa un anno, in modo da poter scoprire il Brasile e il continente tutto: prospettiva allettante! Per poterlo fare devo trovare una casa, meglio se a Rio, ancora meglio se nella Zona Sul, ovvero la zona più famosa: Copacabana, Ipanema, Leblon, Botafogo, Flamengo, Lagoa, inclusi i quartieri al limite con il Centro, ovvero Santa Teresa, Gloria, Laranjeiras, e considero anche Tijuca nella Zona Norte. Beninteso che soprattutto lungo la costa è un crescendo vertiginoso di prezzi passando da Copacabana a Ipanema a Leblon, non si riesce a trovare molto che non costi almeno 500 euro per essere un minimo decente.

A Rio si abita in residence che costano 50 o 200 reais al giorno (25-100 euro), oppure in appartamenti individuali sui 1000-1500 reais al mese (500-700 euro), oppure in appartamenti con stanze individuali tra 800 e 1000 (400-500 euro), o ancora in appartamenti con stanze in condivisione intorno a 500 (250 euro), che sarebbero le Republicas dove vivono gli studenti. A seconda della soluzione si può affittare la sola stanza dovendo poi usare un bagno in comune e la cucina al piano come se fosse un ostello, oppure si abita nello stesso appartamento con tutti i diritti.

I servizi di base di solito sono: internet e telefono, siccome ormai tutti hanno e giustamente tutti pretendono che ci sia internet; lavatrice, fornello e frigo. Altri servizi invece fanno modificare il prezzo in base a una serie di considerazioni ovvie: sicurezza, comodità, appetibilità, paesaggio. Il servizio di guardia 24h, ovvero un portiere al pianterreno, che fa la guardia all’ingresso del condominio, che è una gabbia con grosse sbarre d’acciaio (evidenti problemi di sicurezza in città). Vicinanza a metropolitana, come in tutte le città del mondo, e vicinanza a fermate degli autobus, soprattutto nel caso di rientri notturni per non dover camminare troppo a lungo nella città più pericolosa del Brasile. Lontananza dalle favelas, perché non si sa mai chi potrebbe decidere di scendere a scorrazzare nei dintorni della favela. Vista sul Corcovado, oppure sulla Baia de Guanabara incorniciata dal Pan di Zucchero, ovviamente una vista sulla favela di fronte cambia tutto.

Ogni quartiere pare essere caratterizzato da un certo tipo di popolazione. Copacabana è la spiaggia “in”, pur non essendo certo il quartiere più bello, succede che sia popolato da parecchie prostitute e viados, motivo per cui Copacabana costa meno che altrove. Ipanema è il quartiere più bello e vivido, popolato da chi può permetterselo ma ancora senza enormi pretese. Leblon è il posto più esclusivo, prezzi alle stelle, ci abita pure Joao Gilberto in religioso isolamento. Botafogo e Humaità e in parte Flamengo sono i più accessibili, con prezzi medi e buoni servizi. Gloria è il meno caro, essendo un quartiere bruttino anche se ben servito. Laranjeiras è la valle che porta al trenino per il Corcovado, luogo piacevole e tranquillo ma con delle favelas sulle colline. Santa Teresa è il vecchio quartiere sulla collina, case stile liberty, il quartiere degli artisti. Aggiungo Tijuca, già zona nord, ma popolatissimo di studenti per essere prossimo alle due università.



Fine!

Finalmente ho finito il turno, oggi sbarco e me ne torno in terraferma. Quattro settimane su questo buco, ma popolato di persone interessanti, compagnie di 12 ore al giorno per tutti i giorni, o di qualche cena, o per qualche giorno soltanto: Oscar, Graziela, Adriana, Elaine, Sebastiao, Bruno, Vanessa, Shanna, Marcos, Decio, Jair, Rocio, José Carlos. Alcuni di loro li sentirò anche una volta in Italia, altri li rivedrò alla prima occasione in piattaforma, molti altri li vedrò e sentirò solo se dovessi tornare su questa piattaforma; molti, anche di quelli con cui ho passato molto tempo, spariranno, perché tanto forti possono sembrare certi legami su una piattaforma o cantiere, che poi appena “liberati” i legami si annacquano oppure si dissolvono.


Torno a Rio de Janeiro, mi ci fermo ancora qualche giorno, ormai sarà la terza volta che sto a Rio de Janeiro, quasi gratis e unendo il piacere alla necessità lavorativa: privilegio per pochi, mi basta pensare a cosa pensavo di Rio prima di sentire anche solo parlare della mia assegnazione al Brasile. Sarò ospitato da Gabi, ragazza che avevo conosciuto durante i 10 giorni prima di imbarcarmi. Ne approfitterò per dare la caccia a stanze e appartamenti.

giovedì 23 settembre 2010

Bravo studente

Il mio portoghese è ancora troppo fragile, troppo suscettibile agli “attacchi” delle altre lingue che conosco: un fragile castello di carte che costruisco bene quando parlo a lungo con dei brasiliani autentici, ma che si crepa quando parlo portoghese con chi brasiliano non è, e che crolla non appena scambio qualche frase in spagnolo coi tanti boliviani o argentini o colombiani; anche il francese che uso coi tencnici della base a volte fa danno. Lavoro con Oscar in cabina, per cui entrambi ci parliamo nel nostro portoghese maccheronico.


Lo spagnolo è il principale nemico del mio portoghese; non che sappia una lingua meglio dell’altra, però basta qualche parola e il mio “pilota automatico” nel cervello, che è impostato sul portoghese, si inceppa, così inizia la contaminazione, mescolando parole nelle due lingue, non sapendo più quali parole usare.


Conversare con la gente è il modo che preferisco per imparare una lingua, il mio apprendimento è fatto per imitazione, proprio come fanno i bambini quando imparano a parlare; poi integro annotando sul mio quaderno amaranto le parole nuove, le frasi essenziali di base, i verbi, facendo schede tematiche (giorni della settimana, momenti del giorno, oggetti a tavola, parti del corpo, verbi simili), aggiungendo esercizi dalla mia grammatica tascabile. Mi servirebbe un po’ di grammatica seria e ben fatta, per dare un’ossatura alla mia molle carne linguistica.


Qui in piattaforma c’è una ragazza che insegna inglese ai brasiliani e portoghese ai gringo (anche qui gli americani li chiamano così; vengono tutti da Mississippi o Louisiana, a volte non si capisce nemmeno se stiano veramente parlando in inglese): i brasiliani studiano per lavorare meglio, i gringo imparano qualche parola come souvenir da esibire una volta a casa davanti a una birra tra amici.


Ogni giorno tiene 4 o 5 lezioni, con inglese o portoghese a giorni alterni, così uno giorno sì e uno no vado anche io a fare lo studente. Le lezioni sono sempre un piacere! Si conversa, mi fa imparare coniugazioni dei verbi, ortografia, pronuncia corretta delle lettere, ma anche scioglilingua, accenti carioca e paulista, fumetti con doppi sensi, frasi tipiche. Il suo forte nelle ultime due lezioni sono le espressioni idiomatiche carioca, così ora so dire: cazzaro, credersi chissà chi, schiappa, fare il prezioso, pisciare, sgamato, farsi una figura di merda, fare lo spocchioso, spettacolo!, arraffare, tirarsela. Così per i prossimi giorni a Rio posso provare a fare il carioca pra caramba!