martedì 22 marzo 2011

Inizia l'autunno

Riposo, non sentendo più il bisogno e la necessità di correre fuori affamato di conoscere la città e la gente, ora che la città ogni tanto la giro come se ci abitassi da tempo e le persone che rappresentano le mie giovani e ancora sottili radici qui mi basta chiamarle quando hanno finito al lavoro.

Tento di andare a piedi per queste vie facilmente identificabili come poco raccomandabili la notte, ma piacevolmente affollate di giorno, e quindi via verso Lapa! Gli archi (Arcos da Lapa, ricordo una scena di CSI Miami girata proprio ai piedi degli archi lato Santa Tereza, sulle gradinate piastrellate di rosso a scritte bianche, il tutto coi colori saturi e vividi tipici di CSI Miami) non sono ancora stati riverniciati per intero, mancando due arcate, che già il bianco brillante che avevo visto stendere a novembre è già sbiadito e macchiato dalla muffa che cola dalla cima. La muffa, quel colore nero che caratterizza tantissimi angoli lerci di Rio de Janeiro per l’umidità, muffa che si sviluppa istantanea e inarrestabile su ogni superficie appena un po’ rugosa.

La Fundiçao Progresso è la mia tappa di oggi, appena dietro gli archi, davanti al cono orrendo della cattedrale, con lo sfondo dei palazzoni violentatori del Centro, con le palme davanti. Qui, in primavera (australe, quindi a settembre), c’era stata la partenza della spettacolare parata di Maracatù, gonne volanti e tamburi incessanti: la Fundiçao Progresso, ex fabbirca, infatti è sede di diverse scuole di danza e luogo culturale in un bell’edificio in acciaio e mattoni vivacemente colorati. L’artista Guta ha dipinto (con pennelli ma anche creato con photoshop) delle splendide tavole che raffigurano il Largo do Carioca, il Largo da Lapa e Praça XV in diverse fasi dal 1680 ad oggi: immagini impietose le tavole del 1988, in cui è evidente lo stupro vergognoso fatto alla città cancellando le meraviglie barocche, neoclassiche e liberty di cui Rio de Janeiro era piena.

Pensavo di andare a fare un giro a Botafogo (avessi detto Copacabana o Ipanema, e invece io scelgo Botafogo-Humaità), ma passando dal Centro sono rimasto come al solito troppo estasiato da pensare di andare altrove.

La avenida Rio Branco al crepuscolo è un gigantesco canyon urbano, pareti illuminate, sul cui fondo scorre di un fiume incontenibile di pedoni all’ora dell’uscita dagli uffici, le vie laterali, altri canyon minori sono gli affluenti di questa strada a senso unico dove corrono centinaia di autobus verso sud, in direzione della spettacolare scenografia della silhouette nera del Pan di Zucchero incorniciata dalle facciate lontane. Davanti al Teatro Municipal manifestano contro Cabral, il prefetto dello Stato di Rio de Janeiro, sorvegliati da una decina di mezzi della polizia; tante belle macchine fanno scendere tante belle ragazze in abito da sera e valigiotto: portano uno strumento musicale, scopro che in queste sere al teatro si proietta Metropolis di Fritz Lang con colonna sonora direttamente suonata dall’orchestra: voglio andarci!

Per il resto sono passeggi a caso seguendo la folla che esce dagli uffici, che se ne torna a casa, che va per negozi, che fa merenda nei mille bar di strada. Io passeggio per le minori e stilose rua da Quitanda, rua Sete de Setembro, rua da Alfandega, mi fermo per il sacro succo d’arancia spremuto al momento con fetta di torta al cioccolato, poi di fronte mi butto nella splendida Livraria da Travessa a spulciare libri: Platone, Nietzsche, Kant in portoghese, ma anche Rio dall’alto, Africa, politica, lettartura in lingua originale, monografie di Michelangelo; al piano di sopra, dove la libreria è mista a caffetteria, mi sorprende il rumore inconfondibile di una macchina che prepara un cappuccino buono.

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