martedì 20 luglio 2010

Nel Mediterraneo

Prima di andare probabilmente a lungo in Sud America mi sembra giusto continuare ad approfittare dell'Europa: lo faccio nel bel Mediterraneo, in Sicilia.
In Sicilia c'è già Simone, in vacanza da Barcellona, lo raggiungo per rivederlo dopo tanto tempo, e ne approfitto per vedere altre persone che abitano qui. Stile del viaggio: improvvisazione! Come sempre.
Atterro a Palermo nel pomeriggio, Simone è a Trapani dove lo raggiungo alle 20 che sbarca da Levanzo, beato lui. Bello il viaggio nella luce del tardo pomeriggio d'estate, luce a cui non ero più abituato alle latitudini brasiliane: enormi roccioni sulla costa, campi dorati sbiaditi e già bruciati dal sole, gigantesche fiumare che se fossero nel deserto sarebbero canyon, un paesaggio fatto di morbide colline e vasti campi.

La sera di ieri a Trapani è una passeggiata nel tipico ambiente da Italia, e da Italia del sud: odori e profumi di pietanze, rumuri di piatti e posate; le strade lastricate e levigate da infiniti passi e passeggi; architettura normanna fatta di pietroni e grandi archi; il passeggio serale della gente in ciabatte e calzoncini e magliette di un certo stile (a differenza del Brasile in cui si gira in ciabatte, costume e magliette che qui si userebbero solo per dormire, preferibilmente la maglietta del Brasile); i rumori di televisioni nascoste tra le case aperte che emettono l'audio con un leggero ritardo tra le varie case vicine e lontane, come era l'audio fantastico dei vecchi cinema all'aperto; le donne seminascoste ai balconi che sbirciano la via; la sensazione di quiete e di caldo da vincere con granite e ventagli.

La giornata è dedicata a Erice, sulla cima della montagna, raggiungibile con una bella teleferica per sfuggire al caldo umido di Trapani. Spettacolare borgo con vista sui mari e sulle colline dalle sue rupi, mentre si passeggia tra strade acciottolate e levigate che da lontano sembrano bagnate di una pioggia che oggi non avrebbe nessuna possibilità di cadere. Tutto sembra sonnolento per il caldo, persino i turisti paiono mediamente più educati che in tanti altri luoghi.

Piatti impensabili in Brasile, per varietà e qualità, e dire che sono niente più che piatti locali e popolari. Riesco a trovare menù di non solo pesce, con grande sconcerto di Simone.

lunedì 12 luglio 2010

Volo

Il volo per l’Europa è notturno ma offre ancora qualche regalo dal finestrino; la vista di tutti i luoghi in cui ho passato questi due mesi! Vedo lontani i promontori di Cabo Frio, Bùzios e Arraial do Cabo, vedo la sagoma inconfondibile del Morro de Sao Joao che caratterizza Rio das Ostras, si vedono le isole di Macaé, si vede il cocuzzolo della Pedra do Frade tanto alta e svettante che la sua ombra si stende immensa e nitida verso Macaé, le montagne di Frade e Sana, Friburgo già sprofondata nell’oscurità delle sue alte montagne; e poi, più a nord al confine col Minas Gerais, il grande fiume Rio Paraìba do Sul che scorre in un paesaggio di rilievi lineari come se fossero stati tirati col righello.


L'aereo apprende tra gli applausi che la Spagna è appena passata contro la Germania. Compagni di volo: uno scozzese ubriaco (tipico dei lavoratori del petrolio dei paesi anglosassoni bere birra su birra nelle ore di attesa all’aeroporto) che per fortuna prende una pillola per dormire, per il sollievo mio, delle hostess e dell’altra compagna di volo, una professoressa brasiliana. Interessante la sua storia: emigrata in Francia per la dittatura militare, attivista politica all’epoca del socialismo, professoressa di economia e finanza, cattedre alla UCLA, a Dallas, e a desso a Rio de Janeiro. Racconta che il Brasile ormai è lanciatissimo, e lo sa bene lei che lo ha lasciato disastrato negli anni ’70. Si lamenta della enorme corruzione, “lo stato di Rio de Janeiro ha delle royalties sul petrolio dell’80%, a te sembra che tutto quello che è stato fatto finora equivalga a una simile ricchezza?”; ma confrontando con la Francia e in generale l’Europa si rende conto anche che la società e l’economia sono in grande crescita, e io, mi pronostica, venendo probabilmente a vivere qui, non potrò che averne vantaggi!

La mia macchina foto è dispersa per Rio

Colazione con Fabiana e Carla, poi ultimo viaggio a Rio. Il viaggio con l’autista è piacevole, ha una storia personale molto interessante: un passato da motociclista semiprofessionista, poi la carriera militare nel finale della dittatura quando era parte della guardia del presidente-dittatore, quindi la carriera nei trasporti facendo l’apripista dei convogli eccezionali, infine l’autista privato, e poi il suo matrimonio sbagliato e la sua compagna attuale che era sua amica e si sono dovuti aspettare per anni prima di scoprirsi. Una storia a tratti discutibile, a è senza dubbio che sia interessante. La carriera militare è stata una imposizione data dalla storia militare di tutta la sua famiglia, ma lui ammette di essersi sempre trovato a proprio agio nelle regole, io voglio sperare che le regole non gli siano piaciute eccessivamente a scapito della popolazione brasiliana durante il suo lavoro come guardia del dittatore.


Per mio grande piacere devo passare da Rio de Janeiro dove c’è la mia macchina foto …(rimasta al momento dell’imbarco in piattaforma), splendida occasione per tornare nella cidade maravilhosa: vedere Rio in questa bella giornata di sole è entusiasmante come la prima sera ormai 6 settimane fa, anche se questa volta dal ponte di Niteroi ho anche la curiosità di vedere le montagne a nord della baia: il profilo del Dedo de Deus, strana formazione rocciosa che sembra un dito puntato verso il cielo, uno dei simboli dello stato di Rio de Janeiro. E poi c’è Rio: scorrendo lungo la strada di accesso da nord verso la Zona Sul, a vedere i palazzi nuovi del Centro intorno a resti di palazzi coloniali e palazzi stile liberty decrepiti, spesso grandi scheletri di fabbriche d’altri tempi.

Passiamo dal centro, per andare alla sede della ditta, che si trova da qualche parte in uno dei piani intermedi di un enorme grattacielo nero, talmente grande e animato che sembra una città. Un breve sguardo ad altri palazzi qui nel Centro e si capisce subito che questi grattacieli offrono tutto quello che può servire alla vita lavorativa e anche alla vita quotidiana delle persone che qui lavorano o qui passano: innanzitutto ogni grattacielo ha uno spazio al piano interrato, con negozi di ogni genere, posta, tabacchi, librerie, musica, ristoranti, dentro; poi ci sono camminatoi interni che collegano i grattacieli, oltre quindi ai marciapiedi in strada! Tutto questo è sepolto sotto una media di un centinaio di metri di edifici tanto alti e ravvicinati che il sole non si lascia vedere su questo suolo se non in piena estate, quando arrivano in soccorso gli alberi.


Il “giro turistico stradale” prosegue attraversando luoghi e soprattutto immagini.

Cinelandia, dove c’è l’albergo in cui ritrovo la mia macchina: un lussuoso albergo d’epoca sepolto anch’esso tra i grattacieli di varie epoche; per il resto sono resti eleganti di condomini decrepiti stile liberty, con le facciate coperte di stucchi dipinti e simbolo di un’epoca d’oro definitivamente passata.

Gli archi bianchi di calce del bonde di Lapa per Santa Teresa (sembra di passare sotto l’acquedotto romano a Roma), col tram diretto verso la chiesetta che in nessun modo sono riuscito a raggiungere in occasione dle mio precedente giro notturno, quando con Fiorenzo abbiamo fatto una passeggiata solitaria che ha fatto inorridire per il rischio corso tutti quelli a cui lo abbiamo detto. Dietro agli archi ecco la grande e brutta cattedrale stile anni ’70, un cono con grandi mattonelle, la sagoma di una centrale nucleare in piena città.

I sontuosissimi palazzi neoclassici del Centro, stuccati e dorati, tetti in lamiera stile francese, marmi, statue; gli edifici del potere in stile neoclassico, gigantesche colonne e timpani dietro alle palme.

Il museo di arte e cultura in un vecchio edificio coloniale sopra un basso morro, sovrastato dai grattacieli del Centro.

Chiese in stile neogotico che appaiono minuscole sotto gli edifici altissimi, come fiori ai piedi degli alberi.

E ovviamente, il Pao de Açucar che spunta tra le vie e il Cristo Redentore appena restaurato che svetta sopra ogni cosa, peccato che non abbia portato fortuna ai mondiali; sperano che lo faccia proprio qui nel 2014.

sabato 10 luglio 2010

L'ultimo giorno

Il corso non esiste: sono stato sbarcato in fretta e furia per un corso che non è stato attivato perché ci sarei solo io, e così devo tornare a casa… La partenza è programmata per dopodomani.

Un’uscita con Suzana e Liliane, probabilmente l’ultima, nella solita Cavaleiros, questa volta in un locale diverso, più rustico e quindi meno costoso; le ragazze prendono una pizza, la condiscono orrendamente con maionese…


L’ultimo giorno intero libero dovrebbe essere una scampagnata ad Arraial do Cabo, il terzo dei promontori con Bùzios e Cabo Frio: fa bello, non andare sarebbe un giorno sprecato! Il giorno va sprecato: grossi malintesi alla base tra le persone che stanno organizzando il mio volo di ritorno.

Alle 9h40, su mia richiesta di passare da Rio de Janeiro prima di andare all’aeroporto domani, mi viene detto che un taxi passerà a prendermi di lì a poco alle 10, ovvero a minuti….. Ma il volo doveva essere domani! Io ho ancora un po’ di cose da sistemare, tutta la mia roba è in lavanderia a lavare, e volevo vedere ancora una volta alcune persone.

Da non credere: io chiedo di anticipare di un’ora la partenza di domani, e solo perché adesso mi sono fatto vivo, pur ammettendo che il volo fosse realmente oggi, mi dicono solo adesso che il taxi è quasi sotto l’albergo! O nessuno è in grado di pensare che mi si dovrebbe avvisare per tempo o nessuno è in grado di fare una prenotazione o nessuno legge quello che scrivono i colleghi (come si è poi dimostrato). Alla fine il volo è domani, ma io ho buttato via tutta la mattina.

Mi resta il pomeriggio, andrò di nuovo a passeggiare per Macaé. Prima, un’ultima passeggiata lungo la spiaggia, fino a oltre Cavaleiros, a godermi il cielo senza una nuvola e il vento leggero da nord-est, con il mare piacevolmente sgombro di quelle brutte navi da appoggio alle piattaforme solitamente ancorate in brutta vista davanti alle isole dell’arcipelago; c’è chi prende il sole, chi fa surf, beati loro. Le strade di Macaé senza fascino a volte nascondono qualche chiesetta, che è semplicemente un edificio come un altro con una facciata a disegno con guglie e piastrellata, nulla più, al posto dell’organo c’è una batteria e delle seggiole con delle chitarre elettriche.

A un tratto, lontano dietro una casa, spunta una chiesa e un Cristo Redentore: è una collinetta con la chiesa di Sant’Anna, edificata nel 1630, forse la cosa più antica che ci sia da queste parti. Dalla sua cima la vista è magnifica: una copia del Cristo di Rio abbraccia la distesa di casette della cittadina di Macaé senza il fascino dell’originale, il resto è un bellissimo fondale di montagne fino a perdita d’occhio, con la Pedra do Frade in fondo alla Linha Azul senza nubi come mai prima, la piana della laguna di Jurubatiba, le montagne lontane verso Friburgo, i rilievi verso Campos già nello stato di Espirito Santo, la loro caratteristica forma rotonda, e il Morro de Sao Joao dietro Rio das Ostras. Devo ammettere che a tratti mi sembra di essere in collina a Torino, e mi rendo conto di quanto mi piaccia più guardare in direzione di queste montagne che non in direzione del mare e delle isole. Il cimitero lascia intendere il passato migratorio di Macaé e del Brasile intero: una lapide in memoria di una donna con un nome inconfondibilmente italiano (purtroppo non ricordo il nome) e le indicazioni lo confermano: nata a Brescia, morta a Macaé tanti anni fa; prima di andare via mi soffermo davanti a una tomba di marmo finissimamente scolpito a Rio de Janeiro nel 1893.

Scendendo passo dalla stazione: sorpresa, c’è un treno! La linea, Central Atlantica do Sul, è stata disattivata di recente, anche se era solo più per merci, scorre in mezzo alla città, e un progetto prevede che in due anni venga riattivata come linea metropolitana per il trasporto integrato urbano. In stazione, appena ripitturata (in sud America le insegne e i motivi non si stampano, si pitturano), si trovano nascosti nello scalo alcuni vecchi vagoncini il legno, sembra di vedere una vecchia ferrovia dell’America Centrale!


Il tardo pomeriggio è preso dalla partita Uruguay-Olanda, vista alla pasticceria davanti a un bel pezzo di dolce brigadero (una torta di cioccolato), ma ho appuntamento con Mabel allo shopping, così dal pullman provo a il risultato del secondo tempo ogni volta che passiamo davanti a un bar o un negozio con una televisione. Con Mabel è una bella serata tra lo shopping e una salita notturna in pieno stile torinese alla chiesa di Sant’Anna (che lei non conosceva), infine un giro a Cavaleiros, prima di salutarci: è la mia ultima sera. Liliane e Suzana non riesco a vederle più.

mercoledì 7 luglio 2010

Bùzios

Bùzios, il luogo di autocompiacimento di ricconi carioca e di felici coppiette brasiliane. Scoperta da Brigitte Bardot negli anni ’60 ospite del suo fidanzato, e frequentata anche da Mick Jagger di passaggio nel ‘74, il paesino di pescatori si è arricchito di villette, pousade, ristoranti di ogni cucina (e a prezzi generalmente doppi), vie lastricate di mattonelle di granito e lastroni di pietra (da cui la famosa Rua das Pedras), negozi di ciabatte Havaianas (imprescindibili!), negozi di carabattole e souvenirs, boutique sciccose (o anche solo dal nome finto italiano o francese), punti di surf e immersioni.


Due ore di viaggio (9 reais, 5 euro) e arrivo in centro a Bùzios, che in realtà è un comprensorio di quartieri disseminati sul grande promontorio con 17 spiagge una più bella dell’altra; ci arrivo da Cabo Frio in una giornata di scampagnata solitaria (i miei amici sono tutti imbarcati e le ragazze hanno il cell staccato perché dormono fino a tardi…). Contento di vedere come realmente è la bellezza naturalistica e paesaggistica di questa città che nella visita notturna precedente (http://ilgeonauta.blogspot.com/2010/05/se-questo-e-lavorare.html) mi era parsa decisamente trappola per turisti, e in effetti ne ho avuto la conferma, ma la bellezza naturale è indiscutibile! La penisola rocciosa si allunga verso est, spiagge di sabbia incassata in profonde insenature a sud, lunghe spiagge ariose e isolotti a nord, tratti di foresta, scogliere, grotte. Oggi la cosa più bella è la vista della ampia baia verso nord, con il sole sopra le montagne rotonde della Serra dos Orgaos, i montagnoni del Morro de Sao Joao in Rio das Ostras e del Morro Grande che sembrano vulcani, le montagne oltre Macaé. Tutto sembra un vasto arcipelago di montagne che spuntano dal mare quasi a 360 gradi.


Mi lascio invogliare da un tour di 3 ore in barca per la baia (35 reais, 20 euro), percorso nella baia della parte nord, a visitare spiaggette e isole, con musica (disco in voga qui) e caipirinha, più gamberetti serviti da un motoscafo per merenda. Sulla barca non siamo tantissimi: quasi tutti brasiliani, qualche cileno, un solo italiano; sono principalmente coppiette, famigliole, e un bel mazzetto di truzzi brasiliani.

L’Ilha Feia è la tappa più interessante: è un enorme scoglio al largo della baia, pareti granitiche, grotte, densissima mata atlantica esattamente come nell’entroterra, urubù e altri rapaci sembrano essere gli unici abitanti, a caccia di chissà quali prede nascoste nella vegetazione fittissima.


Resta poco tempo per una passeggiata dal lato sud del promontorio, alle 17h30 il sole sta scendendo troppo presto come sempre a queste latitudini (22 gradi sud, il tropico del capricorno passa appena al largo di Arraial do Cabo). Il tramonto è dei pescatori che lanciano le reti nelle acque immobili di fronte alla statua di Brigitte Bardot, due artisti stanno finendo i loro castelli sabbia grandi come una macchina, i ristorantini splendidamente decorati e illuminati accolgono i primi clienti.


Con molta fortuna trovo il van wolksvagen (quello che adora Omar) per Sant’Antonio, che mi lascia a Rio das Ostras dove con ancora più fortuna c’è il van per Macaé appena dietro.