sabato 15 gennaio 2011

Giù per le Montagne dei Pappagalli

L'ultimo giorno del viaggio è un ennesimo spostamento in pullman: San Paolo a Rio de Janeiro. Dopo i primi 30 km in mezzo alla periferia a grattacieli senza fine di San Paolo ecco ancora 400 km tra pascoli campi e montagne seduti nelle poltrone reclinabili con poggiapiedi dei pullman a lunga percorrenza. Che sorpresa il cielo limpido oggi, dopo i disastri della Regiao Serrana dove appena due giorni fa le alluvioni hanno distrutto e seminato morte a Teresòpolis e Friburgo: pare che oggi il tempo conceda una pausa, anche se dall'altro lato permette di vedere i fiumi in piena, i campi allagati, le nuove ferite sui versanti di queste fragili montagne scuioiate della foresta atlantica.

Non lontano da Resende, lungo il Rio Paraìba nella regione di Itatiàia i passeggeri dell'autobus si agitano sulle poltrone attratti da qualcosa di insolito da queste parti, la loro curiosità è grande, gente che sveglia i vicini e bambini meravigliati per poter ammirare qualcosa a cui non sono abituati: un treno! Ed è di quelli chilometrici americani, quella infinita serie di carri merci che procede lentamente e pesantemente trainato con dissimulato sforzo da due potenti locomotive diesel nordamericane. Ecco il treno cantiere che sta lavorando alla nuova linea del "trem bala", il treno ad alta velocità che collegherà Rio de Janeiro a San Paolo, finalmente non ci vorranno più ore dispersi nel traffico nel tratto urbano delle due città!
E' ben scenica questa ferrovia, sul vecchio tracciato tortuoso tra collinette rotonde, pezzi di mata atlantica, trincee nella terra rosso sangue, ponti sul grande fiume, e rare gallerie perchè a quanto ho visto finora in Brasile gli ostacoli naturali si aggirano a costo di curve a gomito e percorsi tortuosissimi!
E per scendere nella piana che preannuncia Rio de Janeiro è la rodovia a sdoppiarsi nei due sensi di marcia per poter affrontare con due ripidi e tortuosi percorsi distinti la muraglia di 300 metri della maestosa Serra das Araras ("dei pappagalli", quelli con la coda lunga e i brillanti colori rossoblu e gialloverde), sorella della Serra imperial che solleva Petròpolis alle alte cime delle montagne. La Serra das Araras lascia lentamente il campo libero alle cittadine confinatni con Rio, infine a Rio de Janeiro stessa, circa 50 km di strade compresse tra capannoni, favelas, benzinai, quartieri di insipide case ammuffite dal clima tropicale, interallacciamenti stradali, industrie, rii maleodoranti, un susseguirsi di estremo degrado urbano mitigato appena dalla vista delle montagne di Tijuca: Cidade Maravilhosa, ma certamente non in questo orrido angolo di Zona Norte.

Immancabile passeggio per Rio de Janeiro: avendo tre ore di tempo tra l'arrivo alla stazione rodoviaria e l'avvio per l''aeroporto mi voglio ancora concedere la bellezza di Rio: perchè non andare a prendere un'ultima boccata d'aria a Copacabana o Ipanema? Problema: è venerdì, tutti tornano a casa fuori città per il finesettimana, la rodoviaria affollata è un preludio dell'affollamento di TUTTE le vie della città! Non sembra ma tre ore sono insufficienti per prendere un pullman diretto a una stazione del metrò, prendere un treno per la Zona Sul, approfittare di Copacabana o Ipanema per più di 30 secondi, tornare in treno con la metro affollata, cercare uno delle decine e decine di onibus diretti alla rodoviaria, attraversare il centro intorno alle 17 più affollato che mai: missione impossibile! E' il traffico completamente paralizzato nella grande avenida Rio Branco che mi fa scegliere il piano B, piano di tutto rispetto: scendere e rimanere nel centro, il bellissimo Centro di Rio de Janeiro!
Confesso che mi mancava il Centro, soprattutto dopo la pochezza e insipidità del centro di San Paolo; provo a perdermi tra le amate e familiari ruas Buienos Aires, Alfandega, Senhor dos Passos, dove si cammina stretto quasi come nei suk di Tunisi tra migliaia di merci e di persone, tanto che forse non è un caso che proprio quest'area abbia il nome di Saara.
Guardo per terra: migliaia di piedi inciabattati nelle onnipresenti havaianas, piedi chiari, mulatti, minuti, callosi, lerci, puliti, curati, tutti sudati a spasso nelle vie sporche.
Guardo intorno a me: negozietti, bancarelle, clientela andante, merci, venditori di strada, chiesette in stile barocco portoghese, procacciatori di clienti, negozi pieni di cianfrusaglie o di vestiti femminili o di scarpe o iperspecializzati (visto un negozio vendere esclusivametne adesivi!), muri incrostati, scale ripide, compratori di oro.
Guardo in alto: le splendide case di inzio secolo che caratterizzavano Rio e la rendevano immensamente splendida ed elegante fino agli stupri degli anni '50, quando era così sudamericana nelle sue facciate decorate di stile europeo e nei suoi colori carichi della luce americana, a volte solo gli schelòetri delle facciate cannibalizzati da strutture di cemento armato, a volte decrepiti edifici, a volte pulitissimi restauri.

E' metà gennaio, come da tradizione gli addobbi di natale sono spariti il 7 gennaio, ma non è scomparso tutto il luccicore di quei giorni. Saranno spariti i babbi natali, saranno diminuite le palle di natale, ma i festoni sono rimasti eccome: adesso tocca al carnevale! I negozi che prima vendevano addobbi natalizi adesso vendono costumi di carnevale, trombette, cappelli (tra cui il "mafioso": i brasiliani credono che tutto quando abbia l'apparenza di un abito gessato sia mafioso).
Che il carnevale stia arrivando lo vedo mentre sono ormai sulla via per tornare a casa, quando rallentato dal leggendario traffico di accesso al ponte di Niteroi che blocca tutte le sopraelevate ho tempo di guardare il sambodromo animato dalle prime persone già al lavoro per allestire i palchi. Sempre paurosamente fermo nel traffico di un venerdì pomeriggio di esodo guardo le terrificanti nuvole nere che ancora coprono la Regiao Serrana
.


Il percorso: Sao Bernardo do Campo, Sao Paulo, rodovia Dutra, Resende, Serra das Araras, Rio de Janeiro; 450 km.


Visualizzazione ingrandita della mappa


venerdì 14 gennaio 2011

Mandriani e grattacieli

[Problemi a inviare il materiale]

Il percorso: Bonito, Jardim, Sidrolandia, Campo Grande, Batassagua, Sao Paulo; 1300 km.



Visualizzazione ingrandita della mappa

Bonito: bonito!

[Problemi a inviare il materiale]

sabato 8 gennaio 2011

Planetario Mato Grosso

Ma è il Giappone? La Cina? Medio oriente? Che ci fa una moschea bianco abbagliante sotto il sole cocente di Foz do Iguaçu? Che significano le statue colorate del tempio buddista con l'Illuminato dorato placidamente seduto a guardare il Paraguay appena oltre il fiume? Come mi spiega Fabio, anzi, Fàbio, (brasiliano di origini giapponesi) la cittadina di Foz do Iguaçu è piú che un avamposto del Brasile in faccia al Paraguay e all'Argentina, non essendo soltanto cittá di frontiera (grande smercio e contrabbando dal Paraguay, qui definito "il paese dei tarocchi"), ma una cittadina che vive indipendentemente dai suoi altisonanti confinanti, con le sue proprie universitá, il suo commercio, il suo parco nazionale delle cascate. Anche qui la storia migratoria del Brasile trova una pagina interessante: sono rappresentate oltre 40 nazionalitá, fosse anche per un solo individuo che ha mollato la patria per diventare brasiliano per qualche tempo. E allora si spiega la presenza di tempio e moschea, basta guardare alla storia migratoria del Paraná e del confine con il Paraguay: i giapponesi e i cinesi furono una popolazione numerosa tra chi si imbarcó in questo angolo di sudAmerica, mentre i libanesi (sempre loro, li si trova anche in Gabon a scambiare valuta in nero) ovviamente hanno costruito il commercio trans-frontaliero. E allora eccomi a passeggiare tra statue in resina dorate o dipinte allineate come l'esercito di terracotta cinese, a posare i piedi nudi sulla moquette nuova della seconda principale moschea del Brasile mentre tento di decifrare le scritte in arabo memore dei miei brevi studi di arabo. Fa un caldo pazzesco (tá quente pra caramba), con Fàbio e Kristine (tedesca di origini brasiliane, suona strano ma è vero) cerchiamo ombra sotto gli alberi del tempio e tra la vegetazione sulla sponda del fiume che è confluenza di Paraná e Iguazú, incontro di Paraguay Argentina e Brasile, tre paesi che si fronteggiano al mitico Marco das Trés Fronteiras in questo placido paesaggio coltivato a soia (OGM?) a poca distanza da resti della foresta casa dei Guaraní.

Il Mato Grosso... La scritta sul pullman è da rabbrividire: MATO GROSSO. Lo leggo gustandomelo lentamente questo nome che evoca profonditá della foresta nel cuore del continente. Lo leggo con soggezione mentre saluto con piacere e con una certa tristezza Nayara, la mia compagna di viaggio fino a Cascavél, che mi strappa una promessa di tornare a trovarla a Foz nel mio prossimo viaggio per l'Argentina; sempre cosí le conoscenze in viaggio... intensitá momentanea, poi quell'esilio piacevolmente volontario che é il tuo viaggio ma che é un abbandono delle persone valide che si incrociano per strada. Ma é bello pensare che in ogni parte del mondo ci sia un probabile compare, una possibile amica, un potenziale collega, una futura compagna.

Parte il pullman che il sole è appena sceso dietro al paesaggio agricolo appena ondulato del Paraná, è un viaggio notturno insieme ad altri 50 brasiliani che se ne vanno a trovare amici e parenti per il fine settimana nell'interno di questo grande continente, stavolta mi sono attrezzato anche io con l'asciugamano a proteggermi dal freddo assassino del condizionatore, ma é pur sempre poca cosa al fianco di professionisti del viaggio notturno con coperte e megacuscini. E da bravi professionisti cascano addormentati ai primi chilometri, io invece non riesco ad addormentarmi, sono troppo vivide le immagini delle cascate dell'Iguazú nella mia mente, troppo potente il rombo della massa d'acqua tra i salti di basalto, troppo carico quell'arcobaleno sotto i piedi, e ancora mi sembra di sentire la musica di Ennio Morricone.

Toledo? Mercedes? Altre cittadine dai nomi "esotici" per questo nuovo mondo, marco di quella storia costante di immigrazione che è LA storia del Brasile fatta di famiglie, di popolazioni che rappresentano tutto il mondo fino a formare una nuova popolazione: brasiliani senza ombra di dubbio, figli di indios e migranti e PER QUESTO brasiliani. Ma come sono queste cittá mi sembra ormai di saperlo giá, anche in questo ricco e benestante Paraná dalle aiuole a prato all'inglese, lo noto guardando sulle collinette e strade illuminate dei quartieri delle cittadine, quel solito reticolato squadrato artificiale che caratterizza forse il 90% delle cittá sul suolo americano tutto, cittadine che paiono tutte ordinate e uguali senza niente che sia in fondo veramente caratteristico, e una chiesetta in stile neogotico nel prato curato della piazza del centro non aiuta a farne una attrattiva da cartolina.

Come è grande il cielo nel Mato Grosso do Sul... Il pullman viaggia nella notte costeggiando il Paraguay in questo territorio che suppongo di campi e pascoli; luci piú che rare tutto intorno, mentre il pulllman prosegue illuminando per un breve istante il bordo della strada incrociando rari camion nel buio totale. Il cielo è pulito in questo angolo di mondo, talmente pulito che sembra essere il nero del cielo stesso a brillare, puntinato da stelle che paiono palloni tanto sono luminose. La Via Lattea che sale verticale è il gigantesco arco di volta che sorregge una volta celeste australe che vede Orione capovolto e la croce del sud, orgoglio di tante bandiere australi, brillare in cielo sopra i campi bui.

Tutto è grande nel Mato Grosso do Sul, piú grande dell'Italia stessa, tutto pascoli alternati a tratti di resti della primigenia foresta amazzonica. Dalle prime luci dell'alba prima di Campo Grande fino all'arrivo a Bonito alle 2 del pomeriggio è uno sfilare initerrotto di pascoli e fazendas, fazendas tanto grandi che a bordo della strada BR 060 se ne deduce la presenza solo dai monumentali portali di legno che danno accesso a strade sterrate che si perdono all'orizzonte. Sono centinaia di chilometri correndo di fianco a pezzetti di foresta isolata tra i pascoli, oppure di pascoli coperti da termitai rosso sangue, o ancora di mucche e cavalli che si abbeverano in laghetti tra le palme e gli alberi avvolti da liane. Ogni tanto una ferrovia, ogni tanto una fermata isolata, spesso per far scendere qualche fazendero di ritorno dalle commissioni in città, raramente un paese, sempre il verde smeraldo della vegetazione contro la terra rossa che sfuma in lontananza diventanto azzurrino col blu del cielo. Il paesaggio è appena ondulato, dolce, ogni tanto una strada lineare come una retta tracciata con il righello sale su una collinetta da cui si riesce a vedere a distanza di 100 km e oltre: lo stesso bellissimo paesaggio fino a perdita d'occhio, interrotto appena da qualche blanda vallata e da qualche rilievo coperto di foresta.

In questo paesaggio idilliaco, avvicinandosi al Paraguay e alla Bolivia, sorge Bonito, cittá di accesso al mitico Pantanal. Qui finisce la mia traversata, sbarco in ciabatte, coi calzoni lunchi da foresta che usavo in Gabon, con la stessa maglietta che uso da 4 giorni (la lavo ogni notte...), lo zaino da viaggio in spalla, con poche cose al seguito, che libertá.
Il pomeriggio di distensione, dopo aver conosciuto Willian che mi ospiterá per il mio soggiorno nel Pantanal, è un accenno di paradiso: il balneario municipale alla luce del tardo pomeriggio. Insieme a brasiliani, paraguayani e boliviani faccio il bagno in un fiume cristallino sotto le fronde di alberi tropicali mentre grossi pesci nuotano incuranti di noi a caccia di cibo. Arare e pappagalli rossoblu e gialloverdi fischiettano svolazzando tra gli alberi.


Il percorso: Foz do Iguaçu, Cascavel, Dourados, Campo Grande, Sidrolandia, Jardim, Bonito; 1100 km.


Visualizzazione ingrandita della mappa


venerdì 7 gennaio 2011

Meraviglia del mondo


Un gigantesco, impressionante, rombante buco nell'acqua: in fondo la Garganta del Diablo vista dal lato argentino e' una visione che diresti non esistere sulla terra in base alle leggi della fisica piu' semplici e invece da quella passerella che attraversa tutto il Rio Iguazu' fino al bordo vedi che le leggi della fisica creano la meraviglia del mondo. Avvolti dall'acqua nebulizzata quasi non si riesce a pensare nulla di fronte allo spettacolo del fondo del canyon d'acqua visto da sopra. L'acqua romba, corre verso il precipizio, cade, vola, acqua ovunque, ¨come in cielo, cosi' in terra¨ (continuo a sentire l'oboe di Gabriel in Mission...); il fondo del canyon stesso e' invisibile, forse intangibile, probabilmente e' una massa di schiuma su cui si adagia l'arcobaleno, a volte pare affiorare tra la nebbiolina, ma gli unici a saperlo sono i rondoni che riescono a volare in questo mondo d'acqua, gettandosi nella nebbia, forse nell'acqua, chissa' come riescono ad aggrapparsi alla roccia umida sotto le cascate!

La visita dal lato argentino permette di toccarle queste cascate, di correre insieme a lei negli intagli della roccia di questo propizio scalino basaltico. La gigantesca ansa del Rio Iguazu e' tagliata, tranciata dallo scalino, come un righello la roccia cede il passo all'aria, l'acqua impetuosa si getta in una miriade di salti, getti, cascate, come in uno spettacolo di nuoto sincronizzato. Lo spettacolo aereo e' coreografato dall'arcobaleno, dai rondoni, dagli aironi che perlustrano con le loro ali immense il canale del canyon; lo spettacolo acquatico e' una colata d'acqua che si vaporizza e rovina al suolo creandosi in getti alti piu' delle cascate stesse; lo spettacolo terrestre sono le rocce e i cespugli tirati dal vento costante della immane forza dell'acqua.

Alla frontiera argentina appena dopo il ponte (colori verde e giallo da un lato, azzurro e bianco dall'altro, dipinto come ogni cosa in questo continente) il primo impatto con l'altrettanto grande Argentina e' il timbro sul passaporto, nulla piu', il paesaggio e' lo stesso, semmai qui tutto e' bianco e azzurro. Sorprende invece notare come in parte cambi il paesaggio umano: capelloni argentini secondo il perfetto stereotipo che ne hanno i brasiliani, ma soprattutto un'aspetto da viaggiatori professionisti, coi loro megazaini ripieni, i loro vestiti da viaggio che in Italia non useremmo nemmeno come pigiama, sembre con quell'aria di trovarsi perfettamente a loro agio anche dormendo sulla terra battuta: loro stanno viaggiando e conoscendo il mondo, che importa la comodita' materiale!
Strana gente gli argentini, quell'aria sempre in viaggio quando invece i brasiliani viaggiano molto poco, quello sguardo negli occhi di profondo orgoglio di essere argentini che si nota quando si chiede loro la provenienza (IO sono di Buenos Aires!). Tratto distinguibile a chilometri di distanza dell'essere argentino: il mate portatile, un argentino non si separa MAI dalla propria bevanda preferita! Per le cascate, essendo una giornata lunga, sono frotte di ragazzi e ragazze, ma anche piu' anziani, con il loro barilotto a tracolla con aggangio per il bicchierino a forma di melanzana che accoglie quella erba mate che sembra impastare tutto il bicchiere e la cannuccia da cui esce quel liquido vitale amaro.

Nel ritorno verso il Brasile oltre il fiume ci concediamo una birra, la Quilmes! Il venditore ci spiega con orgoglio (te pareva!) che la Quilmes e' ovviamente la birra migliore che si trovi in Argentina, e che la Brahma che si vende in Brasile altro non e' che la stessa identica birra imbottigliata con un'etichetta diversa. E allora superando il ponte quadricolore ci portiamo dietro l'unico ricordo materiale dell'Argentina, la bottiglia di birra Quilmes,; ricordi nella mente, che sono sempre i piu' importanti (speriamo che non ci venga l'Alzheimer...), sono oggi pieni di acqua di questa meraviglia del mondo, con un appuntamento in Argentina per il mese di marzo, se tutto va bene, pronto a percorrere un altro immenso paese fino alla sua estrema punta meridionale. Proprio vero che una volta che si inizia non si vuole piu' smettere. Buon viaggio.
E buon viaggio anche a voi verso la Bolivia, Jerome e Karine, eccellenti compagni di viaggio di questa giornata alle cascate.



giovedì 6 gennaio 2011

Canyon d'acqua




Quasi sentendo le note dell'oboe di Gabriel di Ennio Morricone in Missiona, percorro li sentiero che corre aggrappato alla roccia della sponda brasiliana, un tunnel nella foresta vergine da cui a volte finestrelle tra la vegetazione lasciano vedere lo spettacolo incomparabile di innumerabili fiotti d'acqua, getti, cascatelle che sbucano dalla sponda argentina. Il sentiero procede lungo questo maestoso canyon acquatico, con uno sguardo costante sull'Argetina: di qua un paese immenso che si spinge fino all'equatore, di la' un altro paese altrettanto immenso che arriva fino al sud dell'ultimo lembo di terra. Sospesi a mezz'aria si giunge a un nuovo mirante, e il cenyon sembra non avere mai fine, finche' l'ultima passerella si protende sull'acqua in faccia a una autentica parete d'acqua, rombante, una nuvola si forma intorno a noi, infradicia i vestiti, si confonde con gli occhi lucidi di fronte a tale spettacolo. Intanto uccelli svolazzano a mezz'aria radenti alla parete d'acqua.
Sono in buona compagnia a visitare le cascate: rappresentanza di italia, Brasile, Svezia. Le cascate sono lontane dalla citta', circa 20 km, una strada lineare che taglia noncurante i rilievi blandi di quest'area tra attivita' industriali casette, ostelli, piccole fazendas. Non pensavo che il paesaggio qui a Foz fosse cosi'! Credevo che fosse tutta foresta quasi vergine come al parco nazionale stesso, un paesaggio inaccessibile a causa della muraglia che crea le cascate, e invece tutto intorno sono campi alternati a foresta. Nuvolozze nel cielo blu carico che ricordano i bei giorni della stagione delle piogge in Gabon corrono basse nel cielo sopra Brasile, Argentina e Paraguay. La cittadina e' animata, e io che pensavo che fosse appena un buco! Su questi fiumi si incontrano tre paesi con tre citta' una di fronte all'altra sulle sponde dell'Iguazu' e del Parana': Foz do Iguaçu, Puerto Iguassu, Ciudad del Este. Inevitabili gli scambi, soprattutto dal Paraguay dove la roba costa pochissimo (ma si capisce presto che e' perche' e in Brasile che la roba costa troppo cara, il commercio di contrabbando sta venendo regolamenteato proprio in queste settimane da una nuova legge che impone un tetto di 110'000 reais di acquisto all'anno e una imposta del 25% per rimanere nella legalita'. Chi non vuole legalizzarsi comppie assalti sulla strada dirimpettaita al Paraguay, che i trafficanti matengono buia rompendo le lampadine dei lampioni, di l' dal fiume ecco Ciudad del Este e i suoi palazzi del centro.
Il finale e' una pasta italiana per tutti.


mercoledì 5 gennaio 2011

Verso le cascate!

[Problemi a inviare il materiale]

Il percorso: Sao Paulo, Osasco, Ourinhos, Londrina, Cascavel, Foz do Iguaçu; 1050 km.


Visualizzazione ingrandita della mappa

martedì 4 gennaio 2011

In giro a São Paulo

Giorno di partenza per Foz do Iguaçu. Da São Bernardo alla stazione di metropolitana piú vicina si attraversano le stagioni in questa immensa cittá, lo si vede guardando l'orizzonte con le nuvole basse che corrono veloci come se fossimo in Inghilterra, a volte nere, a volte bianche brillanti. I grattacieli della cittá sono continuamente sfumati nella foschia e nelle nuvole basse, talvolta dalla pioggia. Pioggia che arriva improvvisa com un muro d'acqua da cui i motociclisti in movimento o in servizio non riescono a proteggersi nemmeno con tute impermeabili totali. Arrivo alla metropolitana che diluvia, esco in Avenida Paulista che non piove né ha piovuto, probabilmetne São Paulo é cosí grande che da qualche parte é giá inverno. Ed eccola la via piú famosa di questa cittá da fantascienza, coi suoi palazzi nemmeno troppo soffocanti interrotti da qualche sopravvissuta casa di fazenderos del caffé dei tempi d'oro del commercio del caffé, prima che São Paulo divenisse il motore economico del Brasile. La Avenida Paulista sorge su una sorta di crinale, quasi come se i fazenderos avessero voluto scegliere il luogo piú visibile per le loro sontuose ville, e oggi questo fa sí che da un lato e dall'altro le vie traverse in certi punti si precipitino in basso come rampe di garage, permettendo di sbirciare sulla cittá lontana e vedere quello che giá mi aspettavo: una distesa a perdita d'occhio di grattacieli.
Di São Paulo vorrei visitare il centro, quel triangolo storico con la cattedrale e il monastero di São Bento. Strano centro: selva di palazzi, qualche elegante edificio storico stile inizio secolo XX, filobus bianchi e rossi che sembra una cittá dell'est Europa, palme abbondanti, la sensazione che tutto sia bello ma niente sia imperdibile, che nel complesso si avverta la mancanza di un edificio davvero memorabile, di un luogo davvero speciale che si distingua dagli altri, di un quartiere che abbia una qualche caratteristica visibile oltre alle razze della gente. Il quartiere italiano é fatto di case basse e ristorantini, ok, ma nulla piú; il quartiere giapponese é fatto di lampioni vagamente giapponesi e vetrine che ricordano templi, ma niente piú.
Sono alla rodoviaria Tiete, quella che Luciana mi aveva annunciato essere immensa, e in effetti lo é, grande come un grande aeroporto. Le destinazioni qui sono per tutto il Paese, per mezzo continente, vista una compagnia che serve Cuzco in Peru. Tra poco si parte per le cascate, per Foz di Iguaçu. Mentre ancora dall'agenzia di Bonito nel Pantanal non riesco ad ottenere nessuna risposta: spero di non trovarmi senza nulla da fare tra 5 giorni!

Vecchi treni a Paranapiacaba

[Problemi a inviare il materiale]


Visualizzazione ingrandita della mappa

San Paolo: chiuso per ferie

[Problemi a inviare il materiale]

sabato 1 gennaio 2011

011 - San Paolo

Per i telefoni brasiliani il prefisso di San Paolo é 011, proprio come Torino, sembrerá strano ma mi fa effetto! Certo é che non c'é nulla di confrontabile tra San Paolo e Torino: la cittá brasiliana é immensa, la terza cittá piú grande del mondo, il suo traffico é congestionato ad ogni ora e per ore, il suo territorio é immenso e tutto coperto di grattacieli che si perdono nella foschia, Torino é una tranquilla cittá grande europea, coi suoi viali alberati e i parchi e il patrimonio della collina e delle Alpi vicine.

Se c'é qualcosa in comune é la lingua italiana, si nota subito guardando i cartelli stradali coi nomi delle localitá e dei quartieri: Duzzi, De Marchi, Batistini (una "t", portoghesizzato), Deodoro. Ingente la presenza di italiani in questa regione, al punto da influenzare anche il sotaque (l'accento) della di San Paolo fino al Mato Grosso do Sul, un accento che é ben piú piano e lineare rispetto al sotaque carioca. Apprendo da una visita al museo di Ipiranga della provenienza massiccia italiana degli immigrati giunti in Brasile a inizio del secolo scorso, principalmente per lavorare come agricoltori nelle fazendas di caffé dello stato. Tutto lo stato di San Paolo é legato a questo commercio, al punto da essere presto diventato uno dei piú ricchi del Brasile, a giudicare dai palazzi e dallo stile di vita raggiunto dai fazenderos. Non solo agricoltura dagli italiani, ma anche musicisti: Adoniran Barbosa é un cantante di samba nato da genitori italiani e universalmente apprezzato, anche a Rio, cosa rara per essere paulista e non carioca! Anche nelle novelas, di ui San Paolo é la patria gli italiani sono ben presenti: in questo periodo va alla grande "Passione", protagonista italiano e personaggi italiani.

In questa zona sud di San Paolo in cui sono ospitato da Luciana ci troviamo a 25 km dalla zona del centro, eppure la cittá continua verso sud... La grade via Ayrton Senna attraversa ancora quartieri fatti di grattacieli, e altri se ne vedono all'orizonte lontano verso sud, lungo la rodovia che porta al mare a Santos. Santos... qui sono tutti santi! San Paolo, Santos, ma anche Santo André, Sao Bernardo do campo, Sao Caetano (che insieme vengono denominati ABC dalle iniziali), senza contare tutti gli altri "santi" della cittá. Sao Bernardo in particolare é dove é vissuto Lula, infatti Luiana e Kildere mi mostrano la casa natia e il grattacielo in cui tiene un appartamento, dove sta tornando proprio oggi dopo aver affidato la presidenza a Dilma.