Camaleonte: mimetismo non riuscito |
Il blu cobalto non è propriamente un colore da mimetismo
per i camaleonti. Mentre sono a pranzo a bordo fiume vedo un camaleonte che
attraversa il cortile, lo vado a vedere da vicino, mi vede e si spaventa, scappa
quindi verso il bordo della piscina. Purtroppo per lui, verdastro come è,
l’acqua è fuori dalla portata del suo mimetismo, impossibile assumere i colori
del cielo. Per un attimo vedo che si sente spacciato: mi guarda con uno dei
suoi due occhi strabici mentre l’altro scruta il cortile cercando la salvezza.
Guarda l’acqua, per un attimo prova a sporgersi dal bordo, poi identifica la
vegetazione a 5 metri
di distanza e decide che quella è la via più sicura, e allora si dirige verso
le piante. Ovviamente non di corsa, siccome la sua lentezza è nota a tutti, perciò
prova a sgusciare via alla sua maniera, sempre in bilico sul bordo, infastidito
dalla mia macchina foto. Incontra le scalette della piscina: potrebbero essere
un buon punto di salvezza, se non fosse che le sue zampe bidattili (sembra che
abbia le moffole) non riescono ad agguantare o fare presa sul tubo troppo
grande ma soprattutto troppo scivoloso per lui. Si rassegna e decide di tentare
la sorte scappando verso le piante, coi suoi passi lenti e molleggiati. Una
volta al sicuro continua a voltarsi a guardarmi, o meglio gira un occhio a
controllare che io stia a distanza di sicurezza, sebbene io continui a
infastidirlo ancora un po’ per qualche bel primissimo piano. Finalmente, coi
colori delle piante tra cui si è rifugiato, lo vedo sparire.
Orticello sullo Chari |
Sono sulla sponda del fiume Chari (Sciarì), pranzo al
ristorante di questo albergo su consiglio di qualcuno che ha avuto pietà di me
e della mia voglia di vedere qualcosa in questa città.
Subito guardo la sponda opposta: quello è già il Camerun!
Lo Chari fa da confine tra Ciad e Camerun, io sono in Ciad, superata questa
enorme massa d’acqua che scorre imponente c’è la sottile striscia della punta
nord del Camerun, e 40-50 km
più in là ancora c’è già la
Nigeria.
Guardo di nuovo le acque che scorrono verso la mia destra:
vanno verso nord, portano questa immensa quantità di acqua al lago Ciad, quello
che ne resta per lo meno, l’ultimo baluardo d’acqua prima delle sabbie del
Sahara. Le sponde sono verdeggianti di un paesaggio che mi sembra savana, vedo
canneti e giunchi a protezione delle sponde, in cui vedo lavorare alcune
persone, e degli alberi. Sulla sponda ciadiana, proprio sotto il cortile e
oltre il filo spinato, alcune persone si occupano di orticelli che hanno
modellato nel fango delle sponde, entrano nelle acque del fiume per riempire
gli annaffiatoi con cui annegano le prime piantine che spuntano. Nel fiume ogni
tanto passano piroghe di legno, due pescatori gettano le reti mentre si fanno
portare via dalla corrente.
Pesca nello Chari |
Gli influssi benefici di tutta quest’acqua con questo
clima non devono durare molto allontanandosi dal fiume, visto dall’alto lo
Chari deve sembrare un nastro verde nelle steppe dell’Africa centrale. Come il
grande Niger, che sembra voler puntare deciso il deserto ma poi decide di
cambiare idea e di tornare verso il golfo di Guinea, come il gigantesco Nilo,
che mantiene tutto il suo coraggio affrontando le terribili sabbie, anche lo
Chari fa la sua parte portando una inestimabile strisciata che insinua la vita
entro le terre più inospitali del nord.
Zona di confine |
Irresistibile questo pomeriggio all’aperto sulle sponde di
un grande fiume africano. Aggiorno il taccuino di viaggio, leggo qualche pagina
del libro che mi sono portato dietro, soprattutto mi assaporo la brezza tra le
foglie degli alberi e la luce calda del pomeriggio che svanisce. Il sole scende
veloce e in caduta verticale sul fiume, indora l’aria e l’acqua, infine si
spegne al di là del Camerun.
Tramonto sul Camerun |
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