lunedì 24 novembre 2014

Prima di tutto, trovare cartine e informazioni

Provo a cercare qualche mappa del Ciad, chiedendo in giro se si trovano delle cartine, un po’ per interesse personale, un po’ per conoscere i ciadiani e parlare del loro Paese, siccome so che fa sempre piacere riscontrare interesse nel proprio Paese da parte di uno straniero. Una gran fatica, tutto quello che trovo sono delle cartine approssimative stampate su volantini per scopi professionali oppure delle carte da parete semplificate e aggiornate al 1964.
Mi torna in mente che la cultura delle mappe e delle cartine non esiste fuori dall’Europa, dove tutte le indicazioni sono approssimative. Ricordo la rarità, e a pagamento, di una carta ben fatta in un parco nazionale in Brasile. Ricordo le indicazioni tracciate a caso quanto basta per far arrivare a destinazione i visitatori o i clienti. Ricordo anche l’inesistenza completa a Rio de Janeiro, almeno fino al 2013, cioè un anno prima dei mondiali, di mappe dei percorsi delle linee dei pullman. E mi viene in mente anche di non avere mai visto mappe in mano a un sudamericano o un africano, che si passano le informazioni indicando i quartieri e le vie: le mappe sono per gli europei o per i nordamericani, il fatto di consultarle per strada li identifica subito come turisti o come possibili prede di scippi.
Ma senza mappe sento che mi manca qualcosa, anche se devo anche ammettere che quella delle cartine è una mia mania, non tanto passione, siccome non posseggo nessuna mappa di valore, una mania che mi porto dietro in ogni gita in montagna, in ogni paese in cui vado, in ogni città in cui mi trovo. Del resto le cartine non solo so leggerle per motivi universitari, lavorativi, alpinistici, ma le so anche disegnare.
Così mi trovo a N’djamena e non trovo piantine della città e carte del Ciad, mi manca decisamente qualcosa. Google Maps  o Google Earth non sono la stessa cosa ovviamente, pur essendo una meraviglia. Voglio una cartina cartacea!

Trovo due cartine alla parete in uno degli hotel della città.
Una raffigura N’djamena, anche se solo una porzione. La parte della città mostrata sta spalmata sulla sponda orientale dello Chari, dirimpetto al Camerun.
Un’altra è una mappa del Ciad, vedo raffigurate le tre terribili fasce geografiche del Paese che lo smembrano in tre entità che lasciano poca possibilità di sviluppo: N’djamena sta in quella in quella fascia di Sahel che divide le grandi sabbie del Sahara dal buco verde della foresta equatoriale.
Guardo il lago Ciad, disegnato con la sua estensione di un tempo, altro che il misero 10% che ne rimane oggi… Seguo i percorsi dei fiumi che provengono dalla foresta equatoriale e dalla savana e riversano le loro acque ricche di materia organica nella pozza del deserto, attraversando le steppe saheliane. Cosa doveva essere questa porzione d’Africa un tempo, 15-20'000 anni fa, quando il lago Ciad era un gigantesco lago che riceveva acque dalle foreste meridionali e dalle montagne settentrionali? Cosa doveva essere la parte nord, quegli spettacolari massicci del Tibesti oggi aridi fatti di pinnacoli e di monti scabrosi come carta vetrata e un tempo montagne verdeggianti? Cosa doveva essere la parte pianeggiante che oggi è solo una distesa di sabbia e vento in cui un tempo scorrevano fiumi carichi di acqua dell’altopiano dell’Ennedi, fiumi che tento di indovinare sulla cartina seguendo l’allineamento delle oasi?
I monti del Tibesti, definite le più belle montagne del deserto, e l’altopiano dell’Ennedi… luoghi mitici per i viaggiatori dei decenni passati, quando anche viaggiare in Africa era non facile ma per lo meno sicuro. Ce lo diceva in Provenza una còrsa gagliarda che raccontava come a 18 anni nei primi anni ’70 se ne era andata in Algeria nel deserto…

Intanto, mi sa che devo accontentarmi di Google Maps.

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