martedì 25 novembre 2014

Per le strade di N'djamena

Passeggio per le strade ocracee, in un traffico prevalentemente motociclistico, e osservo l’umanità che si trova per le strade della capitale. Sono scene che provo a confrontare con quelle che vedevo nel prospero Gabon, notando che questa parte di Africa è sia cristiana che musulmana, motivo per cui è frequente vedere uomini e donne vestite alla maniera araba. Ecco un po’ di immagini degli abitanti di N’djamena.



Abiti saheliani, quelle tuniche bianco brillante e ricamate che paiono così fresche e comode, abbinate alle immancabili ciabatte o sandali dalla punta infinita; è facile che un berretto ugualmente bianco brillante copra le loro teste di ragazzi sorprendentemente alti, quando non è una sorta di turbante.
A bordo strada, ad approfittare dell’ombra degli alberi o dei pali della luce, capannelli di persone: chi si riposa, chi conversa, gente che vende qualcosa, alcuni si arrabattano come possono. Spesso sono donne vestite in abiti colorati, stanno su grossi tappeti a sgusciare noccioline che vendono in bottiglie di plastica, una ragazzina con la pelle del viso tirata da un’ustione prova ad offrirmene una manciata tra quelle normali e quelle salate.
Agli incroci stazionano bambini intunicati o in pantaloni e camicia che chiedono l’elemosina con scodelle di metallo lucido, probabilmente anche le loro gamelle. Uno di loro mi chiede cibo, ho le noccioline che mi ha dato la ragazzina, gliele offro, non le vuole…
E’ frequente vedere gente, non solo donne, che porta il proprio carico in equilibrio sulla testa; tante volte mi chiedo se non sarebbe più comodo anche per noi, anziché avere le mani occupate da sacchetti e buste della spesa.
Qualcuno vestito da tuareg bianco vende un tappeto, sempre lo stesso da giorni, allo stesso incrocio. Non mancano gli sfaccendati, abbandonati sulle panchine o su enormi tappeti stesi sul marciapiede; a volte sono ragazzi giovani, ne ho visto uno sdraiato sul proprio tappeto sul marciapiede col volto illuminato dallo schermo del suo palmare.
Galline razzolano fuori dai cortili delle case per scacciare piccioni troppo invadenti.
Alla stazione di benzina del quartiere staziona una fila di motociclisti, sono tanti i motociclisti in questa città: probabilmente sono dei mototaxi, in effetti non ho visto nessun autobus in questi giorni, e le moto circolano sempre con motociclista e passeggero. Ad esempio c’è un angolo di un incrocio in cui in ogni momento ne vedo parecchi di motociclisti, insieme a una marea di amici o conoscenti che passano il tempo appollaiati sui sellini o su scatoloni. Viene da chiedersi non tanto come si muove la gente, se mancano i trasporti, ma se la gente ha effettivamente bisogno di muoversi o se piuttosto non sono tutti che lavorano vicino alle loro abitazioni o addirittura se la bottega non è anche una delle stanze del posto in cui abitano.

E’ il fine settimana, che può essere lungo e placido in un paese che celebra sia il riposo musulmano del venerdì che il riposo cristiano della domenica. Nell’incrocio vicino agli alloggiamenti, un incrocio di strade secondarie in terra, su un enorme tappeto rossiccio stanno tranquilli due ragazzi, uno vestito di tunica, l’altro in pantaloni e camicia. Hanno l’immancabile tè con loro, se lo sono portato da casa in un thermos, siccome loro non hanno il fornelletto per scaldare la teiera che ho visto su altri tappeti.







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