Dolci rilievi montagnosi,
piantagioni di eucalipto le cui chiome svelano la trama fitta e artificialmente
regolare degli alberi il cui legname viaggia in treno alla cartiera di Aracrux per
produrre cellulosa (le piantagioni di eucalipto le chiamano “soldi in sette
anni”, tanto impiegano a crescere gli alberi), bananal di banani poderosi e rigogliosi dalle foglie grandi come
amache, le bacche rosse delle piantine di caffè talvolta ombreggiate da propizi
banani isolati, la foresta fitta della Mata Atlântica chiazzata di viola dalla quaresmeira (“l’albero della quaresima”,
dai fiori viola, appunto), splendide bromelie ed eliconie dai fiori arancioni.
E’ un Brasile idilliaco quello meno noto delle montagne dello stato di Espirito
Santo, terra di colonie italiane e tedesche, di case a graticcio, pastifici e
vigneti, di aziende famigliari, di agriturismi (pare che in Brasile sia stato
introdotto qui per la prima volta), ferrovie spettacolari, sport di montagna. Scopro
tutto questo durante un mio fortunoso periodo di attesa mentre sono a Vitòria,
grazie ad una serie di coincidenze molto propizie.
Tra i prodotti dell’Espìrito
Santo che si distinguono particolarmente figura il caffè, considerato delle
migliori qualità tra le produzioni esistenti in Brasile; eppure in Europa siamo
più portati a pensare che il caffè sia caratteristico del Minas Gerais o di San
Paolo, forse perché il pensiero correi ai “baroni del caffè” che resero
prospero lo stato di San Paolo. Non bevendo caffè mi spiace parecchio non
essere in grado di poter apprezzare questa eccellenza: perle ai porci, come si
usa dire. Mi accontento di odorare il profumo del caffè tostato in un sacco di
iuta rigorosamente marcato “café do Brasil”, con la mia mano che affonda nei
chicchi, proprio come piace fare ad Amélie.
Le piantagioni di caffè della
Serra Capixaba si adagiano sui versanti scoscesi delle montagne come sui dolci
rilievi delle piccole vallate, inframmezzate da fitte porzioni di Mata
Atlântica, per questo un uccello chiamato Jacu ricopre un ruolo molto
importante nella produzione di una particolare qualità di caffè. Il Jacu è un
uccello galliforme scuro che vive nella foresta, la presenza delle piantine di
caffè lo attrae e lui si avventura nelle piantagioni a mangiare le bacche del
caffè, ma è particolarmente esigente: mangia esclusivamente le bacche migliori,
quelle più mature, selezionandole tra le altre bacche ancora acerbe o già
troppo mature. Ma i semi del caffè sono duri, l’apparato digerente non è in
grado di digerirli, per cui il Jacù li espelle con le feci, spargendole per la
foresta e per le piantagioni, qui intervengono squadre di agricoltori che
organizzano vere e proprie spedizioni di cacca per raccogliere gli escrementi
impreziositi dei semi migliori, per questo il nome affettuoso di questo
singolare e buon caffè, considerato una delle migliori qualità esistenti (e
quindi costosissimo), è “café cagado”. Dagli intestini del Jacù alle migliori
caffettiere d’Europa.
Quaresmeiras |
Caffé e eucalipti |
E' piu' gratificante leggere i tuoi scritti, che narrano a fondo della natura e delle caratteristiiche dei luoghi, che non le mere cronache-di-viaggio dei due libri sui viaggi in bicicletta.
RispondiElimina"Dagli intestini del Jacù alle migliori caffettiere d’Europa". Potevi anche scrivere "Dai culi degli ..."
Grazie del commento. Se i libri sono quelli di Paolo Rumiz, forse quello del viaggio a Istanbul è più breve essendo più cronaca, ma l'altro, e soprattutto gli altri suoi libri io li trovo molto belli e interessanti!
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