lunedì 23 maggio 2011

Gli italiani pensano sempre al cibo?

Kingston, capitale della Giamaica. Kingston, anche una delle svariate cittadine sparse per il globo che portano il marchio della colonizzazione britannica fino ai più sperduti scogli australi. Kingston, qui a Londra è però semplicemente un bel sobborgo in riva al Tamigi nella zona ovest, un Tamigi piccolo che potresti lanciare un pallone sull’altra sponda, già percorso da canottieri e abitato da cigni, dove il mare ancora non arriva a imporre le sue maree e tutto ha l’aria di una cittadina di provincia.
Cittadina da negozi chiusi sprangati nel giorno di festa, sfidando il vento forte tutti si riversano sul lungo fiume per il passeggio, come noi cinque, che dopo aver sfidato il vento abbastanza decidiamo di goderci la vista sul fiume da uno dei tanti locali sulle sponde eppure uno dei pochi ad avere la cucina aperta oggi che è festivo: come si fa a chiudere la cucina quando tutti sono in giro? Ma più in generale, come si fa a chiudere la cucina alle 8-9 di sera quando la gente esce? Qualunque italiano nel mondo francofono e in quello britannico si fa sempre queste domande, e infatti piacevole è la sorpresa di trovare aperto a Hither Green un delizioso localino perfettamente arredato in cui da bravi italiani nostalgici ci godiamo una colazione “dolce” nella patria del bacon e uova e salsiccia e fagioli: vedo i miei amici italiani migrati qui che quasi con la bava alla bocca e gli occhi lucidi pensano a cappuccini fatti come dio comanda, a focacce grondanti olio e piene di cristalli di sale, a ingredienti che non sono solo piante ornamentali; e del resto è proprio come mi sento io in Brasile durante il mio turno di prigionia, solo che per fortuna per me dura solo un mese. Noi italiani pensiamo sempre al cibo, proprio vero.
Col cibo davanti (tra l’altro, eccellente) di uno dei rari locali con cucina aperta a Kingston, cinque italiani si godono il pomeriggio col sole in faccia, ammirano la luce aranciata e tiepida del pomeriggio che filtra attraverso ricercate birre inglesi, si raccontano le loro storie da migranti e viaggiatori, ovviamente lontano da casa.

Nessun commento:

Posta un commento