domenica 17 aprile 2011

Favela Vidigal, Liguria

Quella avenida Niemeyer che sotto la roccia strapiombante corre sinuosa e stretta tra le palme e le ville, ben trafficata in questo fine pomeriggio, tagliata nella roccia viva sopra a scogli e calette, col sole tramontato alle spalle del roccione, sembra proprio l’Aurelia. E quelle piccole case con stradine tortuose e strette e le scalinate e i passaggi tra le case, sembrano proprio dei carrugi liguri, tra piccole costruzioni di cemento e mattoni a vista aggrappate alla roccia con i passaggi stretti tra due pareti e in fondo, in basso, il mare lontano. E anche il traffico, i giochi di precedenze, i panni stesi fuori, la gente appollaiata sulle sedie o sulle balaustre in ciabatte e costume, sembra tutto soprendentemente un trapianto di Liguria e in generale di Mediterraneo qui alla favela Vidigal, appena a ovest della esclusiva Leblon e ai piedi dei coreografici Dois Irmaos protagonisti di ogni tramonto da Ipanema. Anche l’infinita sensazione di trascuratezza e sciatteria non può non far venire in mente la Liguria, solo che qui l’età media è estremamente bassa, tutti ragazzini e giovani e pochi anziani.

Pauroso il traffico. Sono rari furgoncini (i van, trasporto pubblico) e rarissime macchine, qui comandano i motorino: per forza, unici in grado di percorrere agilmente le strette e irte strade della favela: arrancano in salita, si lasciano cadere spenti in discesa, ti sfiorano che sembra un assalto continuo, e non sempre le luci piantate in faccia aiutano a togliersi dalla strada. Chi vuole raggiungere le proprie case deve poi continuare prendendo una delle tante scalinate di cemento ammuffito ripide come scale a pioli, insinuandosi tra le case degli altri e infilandosi tra resti di foresta fitta franati chissà dove e cicatrizzati con gettate di cemento.

E con François, piacevolissimo compare con cui a Nizza solo due mesi fa ci eravamo incontrati per fare escursioni, qui, più mimetici che mai, ci godiamo lo splendido panorama al calar della notte. Da questo mirador in cima alla favela si gode la favela adagiata sul versante di questo immenso roccione tagliato dalle nuvole, circondato da foresta. Sopra di noi è un planetario di aquiloni incredibilmente alti nel cielo che i bambini fanno volare appollaiati sopra i tetti. Sotto, una città di 50'000 abitanti ammassati in piccole case coi tetti piani e le cisterne blu dell’acqua piovana, le stradine nascoste, il brulicare di umanità sulle scalinate. Paesaggio così mediterraneo che non riesco a non pensare a una versione di Modica non in pietra. E là in fondo, brillante e meravigliosamente variegata, la striscia di Ipanema stretta tra oceano e laguna, e poi tra oceano e montagna, e la laguna chiusa tra Ipanema e altre montagne, il Cristo e il Pan di Zucchero che spunta sopra altre montagne, Niteroi lontana oltre la baia. Che città!

Solo quel tipo sullo spiazzo, insieme a noi, con lo sguardo da duro di un ragazzino che si cala nella parte del duro più per poterlo dire alle ragazze che non per altro, che sta lì a scrutare i tetti vestito in ciabatte e maglietta e con un cappottone di pelle nero, che tiene una racchetta da tennis, ci chiediamo cosa stia facendo. La risposta migliore la dà la custodia della racchetta, rigonfia al centro di un oggetto tubolare: dunque, una racchetta vera e propria non è, un violino direi nemmeno… Se ce lo eravamo dimenticati, rammentiamo subito che questa favela non è ancora stata pacificata come altre (come quelle della zona nord liberate dalla ormai famosa irruzione di novembre), per cui d’accordo che è una delle più popolari tra gli stranieri, passi che addirittura già alcuni stranieri affittino qui e si comprino addirittura una casa (3000 euro appena), ma evidentemente ancora esiste un grosso interesse dei trafficanti a controllare questa favela che del resto ha la grande Rocinha appena dietro il roccione, la più famigerata.

Noi scendiamo, ormai è buio, le lucine delle casette di fronte alla strada che precipita in basso è l’esatta immagine dei presepi oppure delle turistiche stoffe dipinte che si trovano a Copacabana. E in una pizzeria-pasticceria che trasmette la novela das 6, il mio immancabile (e, qui a Vidigal, anche il più economico) pezzo di torta al cioccolato.

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