giovedì 14 aprile 2011

C'è sempre una partita da vedere in Brasile!

Un bimbo alto biondo come uno svedese scarta a fatica un bimbo indio dai capelli neri lisci lucenti, passa la palla in mezzo, il suo compagno secco e nero tira e il portiere, un omettone che potrebbe essere metà francese e metà coreano vola verso il palo e devia, spettacolare.

C’è sempre una partita da vedere in Brasile! Non voglio qui ricalcare uno dei grandi luoghi comuni per dire che il calcio è la passione dei Brasiliani, o che il calcio domina la vita, o le solite cose. La gente si riunisce ai vari bar, guarda la partita, commenta, urla, bestemmia, fa la formazione, imbocca l’allenatore, tifa, esattamente come in Italia o in Tunisia o in qualunque altro paese del mondo in cui il calcio è sport nazionale. Semmai, qui in Brasile il calcio spezzatino è già realtà: ci sono partite in televisione ogni giorno, ad ogni ora. Al pomeriggio tardi, quando è già sera in questo autunno tropicale, ecco giocare Botafogo, Fluminense, Vasco da Gama, Santos, Corinthians, ma anche Macaé, Avaì, squadre non note internazionalmente. Si giocano tutto. E soprattutto giocano sempre. Coppe, campionati statali, campionati nazionali, c’è anche la copa libertadores con le squadre uruguayane, argentine, colombiane. E dopo questa abbuffata di calcio americano, anzi prima perché c’è il fuso orario, ci sono ovviamente i maestri europei, coi campionati italiano spagnolo e inglese, oltre alla coppa dei campioni, ci mancherebbe! Anche se magari è solo per vedere all’opera i tantissimi emigrati sportivi americani, i vari Julio César, Doni, Melo, ma anche i gran capelloni argentini Messi, Tevez.

Dicevo, non è per raccontare le solite storie sul calcio, perché basterebbe cambiare qualche nome e questo testo andrebbe benissimo anche in Spagna o Italia, è per raccontare di altre partite, quella che stavo descrivendo coi bambini, appunto.

Mentre lasci Ipanema col tramonto infuocato sopra i Dois Irmaos con le lucine della favela Vidigal (da noi sarebbe una delle Cinque Terre…), mentre il Pan di Zucchero in fondo alla curva perfetta di Copacabana riceve i visitatori più romantici e fortunati (o sfortunati, se come succede spesso proprio al tramonto si ferma un ciuffo di nuvola proprio sulla cima), mentre i bagnanti lasciano la spiaggia, ecco che alla spiaggia degli sportivi dove si gioca a calcio, calcetto, beach volley, beach soccer, e anche una curiosa attività di molleggiate acrobazie in bilico sopra una fettuccia elastica tesa tra due palme, si danno il cambio avventori del bagnasciuga e le numerosissime scuole sportive che allevano giocatori e atleti di ogni età. Si allenano lì proprio di fianco alle mitiche onde bianche e nere del lungomare, fanno corsa e allenamenti ed esercizi, poi inizia la partita.

Ecco, quando inizia la partita, anche se a giocare sono dei ragazzini o dei bambini sui 10 anni, chi passeggia per il lungomare non resiste e si ferma, si siede, si gode la partitella. Una partita è sempre una partita, non serve che siano i campioni in tv, ai brasiliani sembra piacere anche vedere giocare i bambini, questi bambini brasiliani frutto di ogni mescolio di razza esistente sulla terra. E come giocano bene! Forse un giorno alcuni di loro avranno un pubblico diecimila volte maggiore rispetto a noi passanti di Copacabana.

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