Come Barry Lyndon quasi mi
commuovo: sento parlare italiano.
Ho sempre trovato divertente
la scena di Barry Lyndon (il mio film preferito di Stanley Kubrik) in cui il
protagonista, inviato in Prussia a spiare lo Chevalier de Balibali, attraversa
il salone, si presenta, e cogliendo il suo accento irlandese cede, dopo un
attimo di esitazione, a una commozione che gli fa rivelare di essere stato
mandato a spiarlo. Barry ha appena trovato un connazionale esule compagno di
sventura, il narratore dice “chi non si è mai trovato in esilio capisce a
fatica cosa possa significare una voce amichevole in terre ostili”.
A me è successo qualcosa di
simile, senza commozione ma ugualmente d’impatto: è stato mentre entravo nella
sala radio al mio arrivo in cantiere, ho sentito parlare inglese col tipico
accento italiano, e poi in italiano quando ci siamo presentati. È la prima
volta in tanti anni di lavoro in questo settore - qui c’è l’ENI - con personale
italiano e coi geologi locali (gabonesi e congolesi) che sanno parlare italiano;
solo una volta, tranne all’esordio, con Roberto avevo avuto un collega italiano
durante lo stesso turno e un geologo italiano, era in Venezuela, da allora più
niente, ero sempre stato uno straniero che imparava le lingue del posto per
avvantaggiarsi subito e per poi poter conoscere il paese (spagnolo in
Venezuela, portoghese in Brasile). Un piacevole esilio in terre non ostili.
Adesso posso usare la mia
lingua, e quasi non mi sembra vero di potermi esprimere al meglio, tanto che a
volte tendo a scandire le parole come se parlassi con degli stranieri, come se
ancora ci fossero barriere linguistiche scavalcate dallo sforzo di uno dei due interlocutori.
E poi mi sorprende il linguaggio tecnico in italiano, parole e termini che mi suonano
sconosciuti oppure termini che non corrispondono alla traduzione delle parole
che usavo finora: staffoni, canala, obiettivo, camicia. E mentre talvolta devo
chiedere come si chiamano nella mia lingua gli oggetti che conosco in inglese,
portoghese, francese o spagnolo, scopro così l’esistenza di un linguaggio
tecnico italiano di tutto rispetto, un bel lascito di tutte le grandi e piccole
aziende e dei lavoratori italiani che soprattutto nei decenni passati si sono
distinti nel mondo.
L'italiano: un sottile filo di collegamento che puo' rendere meno distante la propria casa.
RispondiEliminaPapa'
Infatti. Ma anche il gusto di giocare con gli accenti: Bari, Bologna, Sardegna, Agordo, Milano.
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