lunedì 22 giugno 2015

Ancora qui

“Uccelli che fanno casino”: questo era quello che scrivevo in una mail inviata a un amico nell’agosto 2008, dove gli raccontavo le mie prime impressioni della mia prima volta in Africa. Erano le ore del tramonto, il sole scendeva enorme dietro le palme dell’aeroporto sul mare, aspettavo attendenti che non sarebbero arrivati lasciandomi in balia di due furboni, in un’epoca in cui non ero ancora allenato a viaggiare in un certo modo. Col calare del sole sentivo la notte che calava su di me: stordito da tanta novità, spaesato, ma anche osservato, perché “people are strange”, la gente è strana, quando sei tu lo straniero, dicevano i Doors, e un bianco in Africa è decisamente uno straniero.

Oggi sono di nuovo qui. Non avrei pensato che sarebbe potuto succedere: sono di nuovo in Gabon, dove la mia attuale vita professionale è iniziata, ormai 7 anni fa. Oggi sono tranquillo, forse grazie al volo che arriva a destinazione più presto, a metà pomeriggio: l’uomo, pur essendosi evoluto tecnologicamente, dentro di sé conserva ancora paure e istinti ancestrali, cosicché anche da evoluto sente è la luce del giorno la sua prima protezione, perché arrivare in luoghi ignoti la sera tardi non è mai piacevole, pensi di non avere le stesse opportunità e lo stesso tempo che avresti giungendo di mattina, e magari anche la stessa fortuna. Ma stavolta è ancora pomeriggio, un bel pomeriggio luminoso, le persone non mi sembrano affatto ostili, non lo è sicuramente Vanessa, che è venuta ad accogliermi per potermi imbarcare per Port Gentil, e a cui affido, dopo un po’ di tempo in piacevole compagnia in attesa del volo, la promozione di "Hic Sunt Gabones", la mia mostra fotografica di foto fatte proprio qui in Gabon 6 anni fa.

Vanessa sponsorizza la mostra "Hic sunt Gabones"

Durante il check in per Port Gentil ritrovo gli stessi identici schermi che ricordo nella sala delle partenze anni fa, li riconosco dagli stessi difetti di immagine. Come faccio a ricordare questo particolare? Non ci ho mai più pensato da allora, dove stava nascosto nella mia testa questo insignificante dettaglio? Ma allora davvero il nostro cervello registra la totalità di quello che vediamo e proviamo, salvo tenerlo da qualche parte al sicuro prima di farcelo riaffiorare nella mente? E quindi, malattie come l’Alzheimer sono la perdita dei ricordi o la perdita della capacità di riprendere i propri ricordi? Pure le immagini sono le stesse identiche 6-7 foto che sfilavano 6 anni fa.

A volte le soddisfazioni arrivano tardi, in lunga differita, piatti gustati freddi come certe vendette. Nel primo viaggio del secondo Gabon (ad aprile) ho finalmente viaggiato vicino al finestrino, potendo guardare tutta l’Africa, il deserto soprattutto. Esclusi i voli notturni, durante tutti i voli diurni avevo sempre qualcuno tra me e lo spettacolo, ricordo una passeggera che è stata capace di chiudere l’oblò prima ancora di decollare e di tenerlo chiuso fino a destinazione, eppure è gente che il proprio posto lo sceglie, cosa lo scegli a fare se poi non ne approfitti? Per avere una parete di fianco? Perché allora non viaggi nella toilette?
I viali bianchi di Parigi col il ricordo di una vacanza romantica con Greta, la Francia ignota del Massiccio Centrale, i Pirenei e Barcellona, i rilievi delle Baleari, l’Algeria coi monti dell’atlante verdi di cedri e poi azzurrini del paesaggio di sabkha. E finalmente eccolo il deserto! Che sbalordimento al vedere una infinita distesa giallastra di sabbie e di sassi del reg algerino macchiata da rocce brune e nerastre, e poi gli altipiani tagliati da canyon profondi, praticamente una carta geologica a grandezza naturale, coi profili nudi di colline che seguono le pieghe delle rocce come costole di uno scheletro, resti mortali di una vita che esisteva intensa fino ai tempi delle glaciazioni. Tra i monti e le vallate dell’Ahaggar riesco a indovinare boschi, praterie di greggi, torrenti pescosi, nelle distese di sabbie e ghiaie riesco a immaginare savane brulicanti di elefanti, ovunque penso agli uomini che ci hanno lasciato graffiti millenari sulle rocce con le immagini di come era bello e florido il loro mondo.
Infine il Sahel, ovvero le steppe dell’Africa subsahariana, la savana, e poi l'umidità delle prime foreste equatoriali offusca tutto il suolo con la sua cappa inconsistente e impenetrabile, il sole contro riflette i suoi raggi su questa foschia e cancella il suolo alla vista, nessuna possibilità di vedere steppe e le prime foreste equatoriali, solo il monte Camerun buca nuvole e foschia, nitido contro le nuvole bianco abbaglianti delle alte quote.
L’ultima ora del volo è un ricordo potente. La sensazione di essere quasi a destinazione, le nuvole a chiazze sul mare sotto e le loro ombre ancora verticali, quella sensazione di tepore e stordimento che provoca la riattivazione del proprio corpo dopo un viaggio lungo e sonnacchioso, la percezione del clima già caldo col sole del pomeriggio: tutto come quando ero arrivato in Guadalupa, quello che ormai è un pezzo della mia vita di 10 anni fa.


Infine, a Port Gentil, si conclude questo viaggio, che è anche un viaggio nella memoria di 6-7 anni fa. Il giro per Port Gentil mi mostra la città come la conoscevo: le strade poco luminose, le botteghe aperte la notte con fredde luci al neon, la gente che passeggia a bordo strada e sui marciapiedi, l’umanità che conclude la giornata di lavoro. C’è il ricordo di una serata in compagnia di Andrea, che era alloggiato nella stessa guest house in cui mi trovo io ora, e il mitico Copacabana che serve cibo fino a tardi con le sue patatine fritte più buone del mondo (non stasera però).


Parigi, l'aeroporto più dispersivo del mondo

Parigi

Campagna francese


Il Massiccio Centrale

Costa Brava, Barcellona sullo sfondo

Cala Sant Vincenç, Baleari

Maiorca

L'Atlante algerino

Deserto algerino, pieghe come su una carta geologica

Deserto algerino
Quel che resta di un antico fiume

Rilievi dell'Ahaggar

Il monte Camerun

Nessun commento:

Posta un commento